Il problema degli investimenti alternativi

I fondi non tradizionali spesso sono utilizzati in modo improprio. Colpa della scarsa pazienza degli investitori e del cattivo tempismo di alcuni prodotti nel cavalcare i momenti di mercato. Ma le soluzioni ci sono. 

John Rekenthaler 22/09/2015 | 10:31
Facebook Twitter LinkedIn

Gli investimenti alternativi hanno un loro fondamento in linea teorica, ma dal lato pratico lasciano a desiderare. In tutti i corsi di finanza viene raccontata la storia del venditore che porta degli ombrelli al suo chiosco di limonate. Se il tempo è bello può vendere le bevande; se non lo è vende gli ombrelli. Comunque vada farà business. La migliore parabola rimane però quella dello yin e dello yang. Il concetto di yin e yang suggerisce la completezza del duo, proprio come l’intero panorama di investimento in relazione agli investimenti convenzionali da un lato e a quelli alternativi dall’altro. Esso descrive inoltre l’interdipendenza della relazione. A differenza di quanto accade con limonate ed ombrelli, gli investimenti convenzionali ed alternativi sono definiti gli uni dagli altri. Senza investimenti alternativi, la nozione di investimento “convenzionale” non esisterebbe. Senza investimenti convenzionali, gli investimenti alternativi non sarebbero tali.

La scarsa pazienza
Sono però pochi gli investitori che vedono l’argomento da un punto di vista così olistico.
La prova è nei flussi. In generale, i detentori di quote di fondi azionari, hanno imparato a convivere con le perdite del mercato. Nonostante ci siano stati dei deflussi dai fondi azionari Usa nel 2008, i riscatti sono stati moderati, non oltrepassando mai la soglia del 3% degli asset complessivi di settore durante ciascun anno. Di conseguenza, gli investitori di fondi equity erano ben posizionati per beneficiare della successiva ripresa. La stabilità degli asset sottostanti ha quindi permesso agli operatori di sperimentare scenari sia positivi che negativi.

In maniera opposta, gli investitori alternativi mancano di pazienza. La tabella sottostante evidenzia i flussi netti annuali di alcune categorie di investimenti alternativi. La porzione rossa relativa alle strategie di trading (rappresentativa dei leveraged market index funds), appare e riappare continuamente. La barra blu dei veicoli market neutral è visibile soprattutto durante i primi due anni, dopo i quali scompare. Il segmento rosa dei fondi long/short equity presenta un picco improvviso per poi diventare negativo. La porzione arancione dei fondi multicurrency appare in due dei primi tre anni, per poi svanire.

Flussi nei fondi alternativi americani (inclusi Etf)

Investimenti alternativi 1

Fonte: Morningstar Analysts

Sono questi i colori del fallimento. Le barre mostrano come gli investitori che decidono di investire nelle categorie più in voga in quel momento, prendono posizione sempre a seguito di buone notizie, quindi sempre in ritardo. Il grafico appare più simile ad un diagramma dei flussi relativo ai fondi settoriali, il che non è un complimento. Quella dei settoriali  è infatti un’industria destinata al fallimento, poichè spinge di continuo gli investitori ad abbandonarsi ai peggiori istinti, comprando a molto e vendendo a poco.  Così fanno anche i fondi alternativi.

Se gli investitori avessero realmente considerato i fondi alternativi come una parte necessaria del proprio portafoglio, in una relazione di yin e yang con i fondi convenzionali, avrebbero accettato la loro underperformance come hanno pazientemente accettato il declino del mercato azionario. Ma non l’hanno fatto.Gli alternativi sono infatti considerati come una diversa varietà dei fondi settoriali, una fetta opzionale che fa sembrare il detentore (o il consulente che ha effettuato la raccomandazione) più brillante rispetto alla massa se il fondo performa bene. Se il fondo non performa come desiderato viene invece declassato.

Come al solito, lo scrittore finanziario (e consulente), Bill Bernstein, ha centrato il cuore del problema. Quando gli è stato chiesto da ETF.com circa la ormai popolare pratica dell’edging con le valute, Bill ha risposto: “Non c’è nulla di sbagliato nel coprire la propria esposizione azionaria. Ma bisogna avere una strategia coerente. Se si decide di farlo, lo si deve fare sempre. Iniziare a coprirsi dopo un periodo in cui le strategie di hedging hanno reso molto è una pessima idea”.

Esattamente. Se gli investitori decidono di investire negli alternativi, allora avranno sempre bisogno di detenere un particolare mix di fondi. Spostarsi da una tipologia all’altra è un modo sbagliato di gestire l’investimento.

Si consideri l’ascesa ed il crollo del MainStay Marketfield. Come la maggior parte dei fondi long/short, questo strumento ha battuto il mercato azionario nel 2008 e, a differenza di molti, ha mantenuto questo andamento durante i successivi quattro anni di ripresa, diventando il più grande fondo alternativo azionario al mondo. Gli investitori lo consideravano miracoloso. Sarebbe dovuto rimanere a galla in momenti di calo azionario e avrebbe dovuto conseguire lauti profitti in momenti di rialzo. Quando, in corrispondenza di un errato timing rispetto al mercato rialzista nel 2013 e di una perdita di liquidità l’anno successivo, dimostrò di non esserne in grado, tre quarti dei nuovi azionisti lo abbandonarono prontamente.

(il caso Marketfield serve inoltre come chiaro esempio dei pericoli dell’imprevedibilità. Lo scorso anno il fondo ha perso il 12% ed è stato abbandonato dalla maggior parte dei suoi investitori. Al contrario, pur avendo perso il 37% nel 2008, i fondi azionari indicizzati hanno manifestato solo un modesto numero di riscatti e, nel migliore dei casi, sono state collocate nuove quote. Il grande peccato del Marketfield non è stata la dimensione delle perdite, ma la loro imprevedibilità).

Flussi netti trimestrali nel fondo Mainstay Marketfield

Investimenti alternativi 2Fonte: Morningstar Analysts

La soluzione
Se i fondi alternativi vorranno avere successo, dovranno coltivarsi una platea di investitori più stabile. Questo sarà un compito arduo per molti dei veicoli alternativi attualmente esistenti, che seguono una sola strategia. Sono pochi gli investitori che decidono di detenere quote di un ampio ventaglio di fondi settoriali, preferendo invece limitare l’investimento ad uno o due strumenti.

A mio parere, il rimedio è semplice: solution fund. Se gli investitori non vogliono trattare gli alternativi come complementari, ma come strumenti di speculazione, allora creiamogli uno strumento da affiancargli. Offrire un cosiddetto solution fund in grado di unire tutte le strategie alternative necessarie, permette a ciascun investitore di detenere il pacchetto alternativo completo. Come tale, lo strumento sarà ampiamente diversificato. Avrà probabilmente rendimenti moderati che scoraggeranno la caccia alla performance e reciterà quindi il suo ruolo senza far rumore, come fanno generalmente gli obbligazionari.

Fortunatamente, le cose sembrano muoversi in questa direzione. L’industria offre già alcuni fondi confezionati, definiti da Morningstar come fondi multialternative e rappresentati da una linea verde scuro all’interno del primo grafico. Dopo una partenza a rilento, le vendite sono così migliorate che la categoria dei multialternative risulta attualmente (a partire dallo scorso anno), la più collocata. Forse gli investitori e i loro consulenti stanno capendo che il miglior modo per negoziare fondi alternativi è non negoziarli affatto, acquistando una delle soluzioni offerte dai fondi multialternative piuttosto che cimentarsi con dei fondi mono-strategia.

Spostarsi verso i solution fund non risolve però l’altro grande problema dei fondi alternativi: i costi elevati. Ma questo è un argomento da affrontare in un’altra occasione.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

LEGGI ALTRI ARTICOLI SU
Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

John Rekenthaler  is vice president of research for Morningstar.

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures