Auto, la multa non fa male. Il dollaro sì

La storia dimostra che scandali e sanzioni non hanno mai avuto un grande impatto sui conti dei gruppi delle quattroruote. L’andamento delle valute, invece, incide sui numeri di bilancio. 

Marco Caprotti 01/10/2015 | 12:44
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Uno scandalo? Di sicuro. Una truffa? Lo stabiliranno i giudici. Un danno per gli azionisti? Sì, almeno per il momento. Ma non è detto che Volkswagen, messa sotto accusa per avere usato un software per truccare i risultati dei test sulle emissioni delle proprie vetture (11 milioni di veicoli a livello globale), possa avere contraccolpi duraturi, né che la vicenda possa frenare l’intero settore auto a lungo. È vero che l’indice Msci dedicato alle quattro ruote nelle ultime due settimane (e calcolato in euro) ha segnato -4,2%, condizionando l'andamento degli indici mondiali (vedi sotto il confronto fra l'Msci World in verde e l'Msci Auto in blu). Ma negli ultimi giorni ha iniziato a dare segni di recupero.

Msci World e Msci Auto a confronto
AutoWorld

Andamento dal 21/9/ 2015 al 29/9/2015 in euro
Fonte: Morningstar Direct

Concilia?
Per quanto riguarda il gruppo tedesco, non è detto poi che lo scandalo e le multe possano avere un impatto sulle vendite e sui conti, se non nell’immediato (per il rating Morningstar leggi qui). Basta vedere cosa è successo in passato ad alcuni suoi concorrenti. Nel 2014, il gruppo Hyundai ha sborsato (fra multe, penali e accordi) un totale di 350 milioni di dollari per violazioni legate all’ambiente. Nello stesso anno le vendite del marchio Hyundai sono salite dell’1% e quelle del suo brand Kia dell’8%. Gli utili del gruppo sono aumentati del 2%.

Nella primavera dell’anno scorso Toyota ha dovuto sborsare 1,2 miliardi di dollari per chiudere con il Dipartimento di giustizia Usa una vicenda legata al sistema di accelerazione di alcuni modelli. Dal 2010 al 2011, la casa giapponese ha dovuto richiamare 8 milioni di veicoli a causa di un pedale che si incastrava nel pianale e per problemi ai freni. Nel 2010 le vendite del marchio in America sono scese del 6% per poi risalire del 2% l’anno seguente. Nel 2012 sono balzate del 26%. Senza contare che il gruppo ha dovuto fare i conti con i danni causati dal terremoto del marzo 2011 che ha ridotto sensibilmente la domanda in Giappone. In mezzo a tutto questo non sembra che la reputazione di Toyota abbia sofferto molto.

Ma gli Usa ce l'hanno solo con gli stranieri. No, a volte se la prendono anche con gli americani. Il mese scorso General Motors ha raggiunto un accordo con il dipartimento di giustizia (900 milioni) per archiviare una causa avviata nel 2014 relativa al mancato richiamo di veicoli con problemi all’iniezione. Altri 600 milioni sono stati pagati al fondo per le vittime di incidenti legati a quel problema. A questi soldi vanno aggiunti altri 35 milioni per sanzioni di varia natura. In totale GM per diversi tipi di malfunzionamento, ha richiamato in fabbrica 30 milioni di veicoli a livello globale. L’anno scorso le vendite di GM in nord America sono cresciute del 5% e i guadagni del 6%.

Non è detto poi che Volkswagen debba sborsare qualcosa agli americani. Il gruppo tedesco, infatti, potrebbe riuscire a evitare le accuse penali per crimini ambientali negli Stati Uniti. Secondo il Wall Street Journal, che ha sentito vari esperti legali, è possibile che la casa automobilistica possa ricorrere a una scappatoia, consentita dal Clean Air Act, la legge del 1970 sulla tutela ambientale, ed evitare dunque l'incriminazione penale. Secondo il quotidiano finanziario, il punto è che le case automobilistiche, con l'aiuto di alcuni parlamentari favorevoli al settore, anni fa sono riuscite a ottenere l'esclusione da eventuali sanzioni penali per violazioni del Clear Air Act. Un cavillo finora passato ampiamente inosservato.

Occhio alla divisa
Dal punto di vista operativo, chi investe nel comparto auto farebbe quindi meglio a concentrarsi sui risultati di bilancio e, avendo a che fare con aziende che lavorano a livello globale, sui movimenti delle valute che su quei conti possono avere effetto. General Motors e Ford, per esempio, realizzano il 40% del loro fatturato fuori dagli Usa ed entrambe hanno sofferto per il rafforzamento del dollaro. L’effetto dell’apprezzamento del biglietto verde sui libri contabili, tuttavia, è stato meno severo di quello che avrebbe potuto essere se nel frattempo le commodity non fossero scese. “I movimenti delle valute si sono mangiati 338 milioni di dollari dagli utili pre-tasse di Ford”, spiega David Whiston, strategist azionario di Morningstar. “Ma il risultato del semestre è stato comunque positivo grazie ai guadagni registrati nella prima parte dell’anno.

Spostando lo sguardo in Giappone, la debolezza dello yen contro il dollaro (il valore del biglietto Usa è salito del 10% in un anno e del 40% dal 2010) ha contribuito per 280 miliardi di yen a un utile operativo (per l’esercizio fiscale chiuso a marzo) di 458,4 miliardi di Toyota. 

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Ford Motor Co10,80 USD0,65Rating
General Motors Co55,68 USD1,48Rating
Hyundai Motor Co89,00 USD
Toyota Motor Corp ADR173,38 USD0,27Rating
Volkswagen AG83,60 EUR-0,77Rating

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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