Nonostante le riforme che si sono susseguite negli ultimi anni, il settore della previdenza italiana resta un fanalino di coda sulla scena internazionale. A confermarlo, uno studio recentemente pubblicato dalla società di consulenza Tower Watson, in collaborazione con la rivista americana Pension & Investments, dedicato agli investimenti previdenziali a livello globale.
Secondo l’analisi, il patrimonio gestito dei 300 più grandi fondi pensione al mondo è cresciuto l’anno scorso del 3%, superando quota 15 mila miliardi di dollari, arrivando a pesare circa il 43% degli asset totali, che a fine 2014 hanno superato la soglia dei 36 mila miliardi, segnando un nuovo record storico.
Nel corso degli ultimi dieci anni, le attività investite in forme collettive dedicate alla previdenza sono quasi raddoppiate (a fine 2004 il patrimonio era di 8 mila miliardi di dollari), anche se la crescita ha gradualmente rallentato il passo (sempre nel 2004, gli asset erano cresciuti del 27%).
L’indagine mostra che le aree geografiche caratterizzate dal maggiore tasso di crescita quinquennale sono state il Nord America, con un balzo del 7,6% negli ultimi cinque anni, seguito dall’ Europa (7,1%) e dalla regione dell’Asia-Pacifico (4%). Secondo la ricerca, i fondi a prestazione definita rappresentano il 67% del totale dei patrimoni in gestione, in calo rispetto al 75% del 2010. Durante il 2014, gli asset dei fondi a contribuzione definita sono quelli cresciuti maggiormente (quasi il 5%).
A livello geografico, gli Stati Uniti restano il paese con la maggiore quota di attività gestite da fondi pensione, pari al 38%. Il Giappone ha la seconda fetta di mercato corrisondente al 12%. L’Olanda, con il 7%, detiene la terza posizione, mentre Norvegia e Canada sono rispettivamente in quarta e quinta posizione con oltre il 6% ciascuno.
I fondi sovrani continuano a essere ben presenti nella classifica “Top 300”: 27 di essi, con un valore di circa 4.200 miliardi di dollari, rappresentano il 28% del patrimonio globale. I 114 fondi del settore pubblico inclusi nella ricerca hanno un valore pari a 6 mila miliardi alla fine dell’anno scorso, corrispondente al 39% del totale. Fondi settoriali di natura privata (60) e fondi aziendali (99) rappresentano rispettivamente il 14% e il 19% degli asset gestiti.
La previdenza “Made in Usa” rischia di più
Per quanto riguarda l’asset allocation, lo studio si concentra sui 20 fondi pensione più grandi del mondo, che assieme gestiscono oltre 6 mila miliardi di dollari. In media, questi comparti presentano un portafoglio esposto alle azioni per il 42% e ai bond per il 40%, con il restante 18% ripartito tra liquidità e investimenti alternativi. In realtà, scendendo nel dettaglio, si notano differenze sostanziali da regione a regione: i fondi nord americani, ad esempio, tendono a sovraponderare l’azionario e gli investimenti alternativi, mentre i comparti asiatici sono più esposti alle obbligazioni (vedi grafico sottostante).
Fonte: P&I / TW 300 analysis, Tower Watson
E l’Italia?
Secondo i dati Covip, a fine 2014 i prodotti di previdenza complementare italiani gestivano nel complesso 131 miliardi di euro, segnando un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente. Nella classifica dei principali 300 fondi pensione al mondo, non si trova nessun comparto nostrano, mentre sono presenti, ad esempio, fondi cileni, irlandesi, vietnamiti e peruviani.
Giusto per dare un ordine di grandezza, la Top 300 svaria dai 13 miliardi dell’ultimo classificato ai 1.150 miliardi di dollari del primo (il comparto di previdenza pubblica del Giappone). Cometa, il fondo dei metalmeccanici e affini, il più grande in Italia, gestiva alla fine dell’anno scorso circa 9 miliardi di euro (circa 10,2 miliardi di dollari).
D’altraparte, nel nostro paese sono presenti quasi 500 fondi pensione, un’enormità considerata la taglia del mercato. La crescita, comunque, c’è: nonostante le adesioni che stentano a decollare (6,5 milioni di iscritti), i prodotti italiani hanno più che triplicato il patrimonio nell’ultimo decennio.
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