I fondi obbligazionari tornano ai tempi della crisi finanziaria del 2008. A settembre, hanno registrato deflussi netti per 16,3 miliardi di euro in tutta Europa, che si vanno ad aggiungere ai 17,6 miliardi di agosto e determinano il peggior trimestre degli ultimi sette anni (-34,16 miliardi).
Secondo l’ultimo Morningstar asset flow report, le categorie più colpite sono state quelle specializzate sui mercati emergenti, per i timori di un forte rallentamento della Cina, e sulle emissioni societarie, a causa dell’allargamento dei differenziali creditizi a livello globale. I settori che hanno sofferto di più sono stati gli energetici e i minerari, penalizzati dall’andamento dei prezzi del petrolio e delle materie prime. Per contro, hanno concluso il mese con flussi netti positivi i fondi obbligazionari a brevissimo termine (che includono titoli con scadenze inferiori ai dodici mesi e non possono essere classificati come moneteri nella definizione dell’ Esma, l’autorità europea di vigilanza) e i governativi, che hanno tratto beneficio dalla decisione della Federal Reserve di posticipare il rialzo dei tassi di interesse.
Raccolta positiva per alternativi e bilanciati
Gli investitori sembrano avere trovato rifugio dalle turbolenze dei mercati nei fondi bilanciati e alternativi, che hanno registrato flussi netti rispettivamente per 3,98 e 3,97 miliardi. In particolare, 1,5 miliardi sono andati nei Multistrategy, che da gennaio mostrano un tasso di crescita organica (flussi in percentuale del patrimonio iniziale) del 32,9%. Anche i prodotti Market neutral equity e long/short equity Europe hanno incrementato le masse, grazie a una raccolta netta superiore al miliardo di euro. Tra i bilanciati, il dato più positivo è quello della categoria mista “altro”, che comprende molti fondi a scadenza, popolari in Italia.
A settembre, gli investitori non hanno spento il rischio azionario. Al contrario, l’equity ha chiuso con una raccolta netta di 2,16 miliardi, grazie soprattutto a fondi specializzati sull’Europa e sulle Borse internazionali.
Nel complesso, sono defluiti nei fondi azionari a lungo termine 6,19 miliardi netti e peggio hanno fatto i monetari (-13,58 miliardi).
L’Italia non sente la crisi
L’industria italiana dei fondi sembra resistere alla fuga degli investitori. Grazie in particolare al successo dei prodotti a scadenza e con la cedola, il tasso di crescita organica da gennaio è stato dell’8,9%, il più alto tra i grandi mercati europei. A settembre, le società di gestione con maggiori flussi sono state Eurizon Capital, Anima e Pioneer Investments. La prima è quella con il più elevato organic growth rate da inizio anno (+22,29%).
Tra le principali case di investimento europee la migliore per raccolta netta a settembre è stata Standard Life, mentre al terzo posto si è collocato Vanguard, il gigante americano dei fondi indicizzati. Sul fronte opposto, i deflussi hanno colpito ancora una volta Franklin Templeton, M&G e Pimco. In termini relativi, la società che più ha sofferto da inizio anno è Aberdeen (-17,7% il tasso di crescita organica).
Tempi duri per i big
Settembre ha messo a dura prova i più grandi fondi europei, che hanno registrato tutti rendimenti negativi. “Secondo le stime di Morningstar, i top 10 hanno lasciato sul terreno 13,3 miliardi in totale tra deprezzamento e riscatti netti (questi ultimi hanno riguardato cinque di essi) nell’ultimo trimestre”, dice Matias Möttölä dell’Emea Research Manager Team. Non sembra risentire della crisi Standard Life’s Global Absolute return strategy (rating Bronze), che ha raccolto circa 608 milioni netti nei due veicoli, uno lussemburghese e l’altro inglese.
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