I consumi e la guerra WWW

L’online, anche per la grande distribuzione tradizionale, rappresenta una voce sempre più importante delle vendite. Ma gli investitori spesso non lo considerano nelle loro valutazioni. Nel frattempo anche i discount entrano nella partita fra grandi magazzini e Internet shop. 

Marco Caprotti 10/11/2015 | 15:04
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La guerra fra le catene di grandi magazzini e i concorrenti online tiene gli investitori con le antenne dritte. Nel frattempo, i dollar store (l’equivalente dei nostri discount) si lanciano nella mischia.

Se è vero che i grandi marchi come Wal-Mart sono ancora in grado di creare forti economie di scala (grazie soprattutto alle condizioni che riescono a strappare ai fornitori), lo sviluppo del commercio online (che non può contare su questi punto di forza) sta portando gli operatori a chiedersi quali siano gli elementi importanti per le valutazioni di un’azienda del segmento consumer (e, di conseguenza, per i corsi del titolo). Che la concorrenza fra i due canali sia sempre più forte è dimostrato anche dal fatto che le grandi catene tradizionali, ormai, hanno spostato una parte del loro business sul web. “Per sviluppare questa strada, tuttavia, hanno dovuto fare grandi investimenti senza avere la certezza che si traducano in un aumento delle vendite”, spiega Ken Perkins, analista di Morningstar. “E’ naturale, quindi, che traballi la fiducia degli investitori in quelle che, fino a poco tempo fa, venivano considerate società invincibili”. Preoccupazioni giustificate anche dal fatto che, più passa il tempo, maggiore è la forza che i retailer online sembrano in grado di guadagnare a scapito dei nomi storici del segmento.

L’online, pericolo o opportunità?
Secondo l’analista, tuttavia, l’allarme va messo nella giusta prospettiva. “La nostra sensazione è che gli investitori non abbiano la corretta percezione dei pericoli e delle opportunità nascosti nell’e-commerce”, continua Perkins. “L’idea che hanno molti è che le catene tradizionali non possano avere successo online. Questo ha creato uno squilibrio fra i prezzi dei titoli e il valore reale”. Sia la forma commerciale tradizionale che quella online hanno elementi che devono essere presi in considerazione per arrivare a una corretta valutazione delle azioni. Aumentare il numero di consegne che si riescono a fare ogni ora, ad esempio, è una delle chiavi per ridurre i costi di trasporto. Una strada seguita dai player online il cui vantaggio, tuttavia, si riduce, quando i depositi sono lontani dalle destinazioni finali. Allo stesso tempo, avere un negozio vero e proprio in una determinata area è un investimento vantaggioso solo se nella zona c’è sufficiente richiesta per i beni venduti.

Il terzo incomodo
In mezzo a questa guerra fra colossi delle vendite fisici e virtuali si sono inseriti i cosiddetti dollar store (l’equivalente dei nostri discount). Una realtà presente da anni negli Stati Uniti, ma che ora ha iniziato a impensierire. Soprattutto i colossi della grande distribuzione. Questo tipo di negozi, infatti, ha iniziato a proliferare accanto ai punti vendita dei grandi marchi a cui riesce a portare via clienti. Un pericolo che i nomi storici della distribuzione prendono molto sul serio e al quale hanno deciso di rispondere aprendo dei propri dollar store. Il risultato è stato un aumento esponenziale di questi punti vendita che ora sono in grado di ottenere condizioni migliori dai fornitori che vogliono esporre sui loro scaffali. “Per queste attività, inoltre, il servizio di consegna a domicilio non è previsto né, almeno per il momento, richiesto dalla clientela”, dice l’analista. “Questo per loro si traduce in un ulteriore risparmio di costi”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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