L’appetito, almeno in Borsa, viene con i prezzi. Anche quello per i mercati emergenti, uno degli asset più deludenti degli ultimi anni, le cui valutazioni, dicono gli operatori, oggi sono talmente sotto i tacchi da poter essere prese di nuovo in considerazione dai cacciatori di rendimento.
Nei 10 anni chiusi il 31 ottobre 2010 l’indice Msci dedicato ai paesi in via di sviluppo ha avuto un rendimento (annualizzato) del 14,6%, mentre il paniere S&P500 ha segnato – 0,02%. Da allora la situazione si è ribaltata. Nel quinquennio chiuso alla fine del mese scorso il benchmark dei paesi emergenti ha perso il 2,8%, mentre quello di Wall Street ha guadagnato il 14,33%. Qualche segnale di ripresa si vede. La categoria Morningstar Azionari paesi emergenti globali da inizio anno (fino al 20 novembre), ha guadagnato lo 0,8%.
Serve prudenza
Conviene quindi buttarsi di nuovo a capofitto sugli emerging market? “Un po’ di entusiasmo per questo asset di investimento è lecito alla luce delle valutazioni, ma è necessaria un po’ di prudenza”, spiega Ben Johnson, responsabile della ricerca sugli Etf di Morningstar. “Sui mercati emergenti sono ancora presenti alcuni rischi che dovrebbero spingere a essere cauti”. Un buon esempio in questo senso è la Cina, la prima economia emergente del mondo, sempre molto presente nei portafogli degli investitori interessati ai paesi in via di sviluppo. L’indice China Caiximi PMI - un indicatore chiave dell’attività manifatturiera del colosso asiatico - a settembre è sceso ai minimi degli ultimi sette anni prima di rimbalzare leggermente a ottobre (quando comunque ha indicato una leggera contrazione della produzione industriale). I risultati sono frutto di un calo della domanda estera che, a sua volta, ha come conseguenza una diminuzione del consumo di materie prime.
Il secondo elemento in particolare, si fa sentire su un altro colosso della categoria emerging come il Brasile che vive della vendita delle sue commodity, come ha dimostrato nel decennio d’oro degli emergenti l’andamento in Borsa di Petrobras (petrolio) e Vale (minerali ferrosi). Due titoli che ora trattano vicino ai minimi toccati nel momento più buio della crisi finanziaria mondiale.
Cosa dicono i numeri
Dal punto di vista operativo, secondo i dati elaborati da Research Affiliates, i titoli dei mercati emergenti (in particolare quelli che formano il paniere Msci Emerging market) a fine di settembre avevano le attese di rendimento più alte di tutto l’equity. A livello di prezzi, invece, l’indice del rapporto fra prezzi e utili attesi si è attestato a 11, il valore più basso di sempre e ben al di sotto di quota 19, che rappresenta la media storica per l’azionario emergente. “Le valutazioni sono sicuramente interessanti”, dice Johnson. “Ma, al momento, è impossibile dire se i paesi in via di sviluppo si siano lasciati il peggio alle spalle e se l’attesa di futuri ribassi sia già incorporata nelle quotazioni di oggi”.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.