I mercati continuano a credere nel Giappone. L’indice Msci del Sol levante nell’ultimo mese ha guadagnato (fino al primo dicembre e in euro) quasi il 5% (circa 3% in yen). I fondi della categoria Morningstar dedicata alle large cap del paese asiatico, nel frattempo sono cresciuti (in termini di performance) del 3,7%.
A leggere questi numeri viene da pensare a un atto di fede da parte degli investitori. Il Sol levante, infatti, a sorpresa è tornato in recessione: nel terzo trimestre il Pil ha registrato una flessione dello 0,4% rispetto al periodo precedente e dell'1,6% su anno. Nessun economista aveva previsto il calo, il secondo dopo il -1,9% del secondo trimestre (e al di sotto delle previsioni che stimavano una crescita dello 0,5% su mese e del 2% su anno). Nel secondo trimestre il Pil è sceso del 7,3% su anno.
Speranza BoJ
In una situazione del genere gli operatori hanno affidato le loro speranze alla Bank of Japan. Infatti, fronteggiando il rischio di fallire l'obiettivo d'inflazione al 2%, il governatore, Haruhiko Kuroda, ha lanciato un ulteriore stimolo all'economia, pianificando un aumento della base monetaria in una forchetta compresa tra il 15% e il 33%, adottando una misura di politica monetaria senza precedenti per dimensione ed “effetto sorpresa” sui mercati finanziari. Intanto, il Government Pension Investment Fund (GPIF), il più grande fondo pensione del mondo, ha annunciato che ridurrà la posizione in obbligazioni domestiche, a beneficio dell'investimento in azioni, il cui peso in portafoglio passerà dal 12% al 25%.
Tutto questo, però, non evita al Giappone di restare un osservato speciale. L'agenzia internazionale Moody’s, per la prima volta dal 2011, ha tagliato il rating del paese da Aa3 a A1 con outlook stabile. Tra le motivazioni del downgrade gli analisti hanno citato l'incertezza sulla realizzazione degli obiettivi di riduzione del deficit, sui tempi e sull'efficacia delle misure politiche a favore della crescita in un contesto di pressioni deflazionistiche e, di conseguenza, l'aumento del rischio di un rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e una ridotta accessibilità del debito nel medio termine.
Le preoccupazioni dei mercati
La decisione del primo ministro, Shinzo Abe, di posticipare di 18 mesi il secondo aumento dell'Iva, secondo Moody’s comporta rischi per il consolidamento fiscale e, nel lungo termine, per l'accessibilità e la sostenibilità del debito. Il primo elemento, in particolare, per l’agenzia di rating sarà sempre più difficile da raggiungere a causa dell'aumento della spesa pubblica generato soprattutto dai programmi sociali associati a un rapido invecchiamento della popolazione. “L'outlook stabile riflette il sostanziale equilibrio tra i rischi al rialzo, come il notevole consolidamento fiscale e una ripresa della crescita economica, e i rischi al ribasso, tra cui l'intensificazione delle pressioni deflazionistiche e la perdita di slancio economico”, ha spiegato Moody's nella nota che ha accompagnato la decisione. L’agenzia di rating Standard & Poor’s, da parte sua, ha confermato il merito di credito AA- ma con outlook negativo.
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