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Il Giappone ha qualche crepa

Il 2015 è stato un anno positivo per gli asset specializzati nel Sol levante. Ma chi si è esposto sul paese qualche anno fa non può ancora festeggiare. 

Marco Caprotti 27/01/2016 | 15:06
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Non tutti quelli che negli ultimi anni hanno investito nei fondi dedicati al Giappone potranno incorniciare il 2015. A prima vista i 12 mesi appena chiusi non sono andati male. I prodotti raccolti nella categoria Giappone large cap hanno guadagnato il 21,83%. Quelli del segmento small e mid cap hanno fatto anche meglio con un +24,6%. Nello stesso periodo, l’indice Msci del paese ha reso (in euro) poco più del 22% (+10% in yen). Chi ha investito su queste asset class da qualche anno, tuttavia, non può essere troppo soddisfatto. L’analisi del Max draw down, infatti, mostra che chi tre anni fa ha puntato sulle large cap del Sol levante, dal picco massimo di questa asset class ha perso il 14,60%. Non è andata troppo bene nemmeno a chi all’inizio del 2013 si è messo in portafoglio il segmento delle imprese medio e piccole che, rispetto ai massimi, si è lasciato per strada il 9,36%.

La congiuntura suggerisce prudenza
Del resto, per gli investitori trovare la strada per la crescita costante del capitale investito non è cosa semplice quando si ha a che fare con il Giappone. Gli ultimi dati del 2015 hanno mostrato una situazione a due facce, che poi è stata una costante della congiuntura nipponica degli ultimi anni. Ad esempio, è rimasto stabile a 52,6 l'indice Pmi manifatturiero di dicembre misurato da Markit. Si tratta dei livelli più alti da marzo 2014 e leggermente superiore alle stime preliminari (52,6). La produzione industriale giapponese, invece, è scesa dell'1% congiunturale a novembre (fonte: Ministero dell'industria) che ha confermato le stime preliminari. Il calo era atteso, ma è stato ben al di sopra di quanto previsto (-0,4%). La produzione era salita dell’1,4% a ottobre e dell’1,1% a settembre, dopo due mesi di cali. Secondo i dati preliminari, gli ordini delle fabbriche sono calati del 2,5% e gli stock sono aumentati dello 0,4%. Un sondaggio presso le imprese manifatturiere mostra che è atteso un recupero dello 0,9% a dicembre, seguito da un balzo del 6% a gennaio. “Non bisogna essere troppo ottimisti con le incertezze legate all'economia cinese”, spiega uno studio del Japan Research Institute, osservando che è la debolezza dei consumi in particolare a frenare la produzione.

Congiuntura a rischio
D'altro canto l'andamento dei prezzi è troppo fiacco per centrare l'obiettivo della Banca centrale del 2% d'inflazione. Gli aumenti salariali restano ancora timidi. Il governatore Haruhiko Kuroda ha riconosciuto che per raggiungere i target fissati è necessario che le retribuzioni e i consumi migliorino e a questo scopo saranno decise ulteriori misure. Il governo giapponese, intanto, ha confermato le proprie valutazioni economiche per il terzo mese consecutivo a dicembre, ritenendo che sia in atto una ripresa moderata e il mercato del lavoro stia recuperando.

Nell’ultimo report mensile sull’economia, l’esecutivo ha rilevato che “l’occupazione e la situazione interna sono in miglioramento”, ma i consumi privati, che rappresentano il 60% dell'economia, continuano a restare fermi. La valutazione sul mercato del lavoro è più ottimista per la prima volta in 10 mesi. Sulle costruzioni residenziali e gli investimenti pubblici il giudizio è stato peggiorato perché i settori sono rispettivamente “piatto” e “in declino progressivo”.

 

 

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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