Quando si parla di investimenti nei mercati emergenti, vale la pena citare quello che ha scritto l’autore Douglas Adam nel libro Guida intergalattica per autostoppisti: “Lo spazio è vasto, ma proprio vasto. Neanche ve l’immaginate quanto enormemente, smisuratamente, sbalorditivamente vasto esso sia”.
Spesso i mercati emergenti sono presenti nei portafogli degli investitori attraverso un singolo fondo, ma si tratta in realtà di un’area vasta e diversificata. In termini di dimensioni rappresentano circa l’80% della popolazione globale e il 45% del potere d’acquisto mondiale. Guardandoli sotto un'altra lente, l’indice Msci Emerging Market comprende 838 società di 23 paesi diversi per una capitalizzazione di 3.400 miliardi di dollari. Per questo non conviene considerare questi mercati come un blocco unico e attendersi di sviluppare una previsione logica sul suo andamento. Questo diventa evidente se si considera il declino dei prezzi dell’energia. Mentre chi investe in Russia è preoccupato da questo elemento per gli effetti che può avere sull’economia del paese e sulla Borsa di Mosca, chi investe in India si frega le mani, visto che il paese è un importatore di barili e beneficia largamente del calo dell’oro nero.
Per questo motivo i mercati emergenti hanno rappresentato un buon terreno di caccia per gli investitori attivi che cercano qualità. I fondi azionari dedicati ai mercati emergenti che hanno ottenuto un Morningstar Analyst Rating positivo (Oro, Argento e Bronzo), ad esempio, hanno fatto meglio dell’indice Msci EM per otto degli ultimi 10 anni.
Ma come ci si deve approcciare a mercati così diversi per dimensioni, diversità e complessità? Prima bisogna accettare il fatto che non si investe in intere economie ma in titoli di società e nazioni che possono essere analizzati all’interno di contesti ben precisi e unici.
Utilizzando la nostra metodologia di analisi di lungo periodo (che valuta le asset class in relazione alla loro storia e mettendole a confronto con le altre), le azioni dei mercati emergenti stanno trattando a livelli interessanti. Solo l’equity degli energetici europei ha valutazioni più basse.
Andando a scavare nelle regioni e nei paesi che formano l’universo dei mercati emergenti si nota che le opportunità di tipo value sono concentrate in un ristretto numero di aree e settori. Degli 11 mercati emerging per i quali facciamo modelli di valutazione bottom up, solo cinque sembrano abbastanza interessanti in termini di rendimenti positivi (in valuta locale) per i prossimi sette anni: Taiwan, Russia, Brasile, Corea del sud e Cina.
Valutazioni e yield
Taiwan tratta a un rapporto price/earning di 10,8 rispetto a una nostra previsione di 20. Questo è lo sconto maggiore che possiamo trovare all’interno dell’universo formato dagli emergenti. La Russia tratta a 7,9 contro un’attesa di 10. In più offre un rendimento da dividendi del 4,8%. Va sottolineato che si tratta di due mercati molto concentrati dove una sola società può pesare per circa il 18% dell’indice di riferimento di ciascun paese. La concentrazione è evidente anche a livello settoriale (IT per Taiwan ed energia in Russia). Tutto questo porta due conseguenze. La prima è che un portafoglio emerging completamente diversificato non riesce a prendere in considerazione tutto il valore disponibile nell’asset di investimento. La seconda è che le migliori opportunità value spesso risiedono nella concentrazione dell’economia in alcune industrie-chiave. In un quadro del genere conviene spesso adottare un approccio contrarian.
Strategie di lungo periodo
Gli investitori che scelgono una strategia contrarian spesso hanno difficoltà a ottenere rendimenti durante le fasi finali di un ciclo economico. E’ un elemento che abbiamo verificato negli ultimi due anni, soprattutto fra i fondi che seguono con disciplina questo tipo di strategia. A volte gli investitori si trovano di fronte a performance di breve termine che mettono alla prova il loro sangue freddo. Il consiglio è quello di ragionare nel lungo periodo e considerare le fasi di rallentamento come occasioni per aumentare l’esposizione a determinati asset approfittando degli sconti.
I fondi dedicati agli emergenti che hanno utilizzato un approccio basato sulla qualità negli ultimi due anni si sono comportati molto bene. Gli investitori dovrebbero considerare le opportunità di guadagno associate ai rischi geopolitici connaturati alle aree in via di sviluppo. Pochi dei paesi rappresentati nell’indice Msci Emerging Market possono essere descritti come democrazie stabili, dove vince la legalità e un apparato legislativo e istituzionale maturo. Non sorprende, quindi, che le strategie che hanno dato la precedenza alla qualità e allo studio e al controllo dei rischi abbiano prosperato. Certo, molti stili di investimento sono ciclici e le strategie basate sulla qualità possono registrare delle fasi di rallentamento. Ma siamo convinti che nel lungo termine questo tipo di scelta possa continuare a dare rendimenti superiori alla media degli emerging approfittando anche del processo di maturazione e miglioramento politico di alcuni dei paesi che fanno parte del segmento.
Comgest Growth Emerging Markets è un fondo molto popolare fra gli investitori che ha generato buoni rendimenti nel corso degli ultimi tre anni. Il gestore cerca società growth che abbiano un buon vantaggio competitivo come l’IT, le telecomunicazioni e i beni di consumo difensivi.
Un altro prodotto che si è comportato bene negli ultimi anni è il Fidelity Emerging market fund A – USD. Il gestore, Nick Price, adotta un approccio pragmatico alla costruzione del portafoglio ma, in sostanza, segue una filosofia basata sulla ricerca di titoli growth di qualità. Viene data grande importanza alla gestione aziendale che rispetta i diritti degli azionisti.
La differenza fra i due fondi è nel peso che viene dato al Brasile. Comgest ha deciso di non considerare i problemi politici ed economici del paese e ha aumentato la sua esposizione. Fidelity, invece, preferisce avere una posizione marginale e orientarsi su azioni sudafricane o della regione sub-sahariana. Nel nostro portafoglio Real Return, che gestiamo con una metodologia interamente basata sulle valutazioni di lungo periodo, abbiamo acquistato azioni della Russia e abbiamo sovrappesato, in generale la componente dedicata ai mercati emergenti. Questo, tuttavia, è stato compensato da una forte presenza valutaria e da fondi Absolute Return a basso rischio.
Nei nostri portafogli cosiddetti risk-based (focalizzati sulla gestione del rischio), per quanto riguarda le posizioni strategiche preferiamo assumere un atteggiamento da osservatori pazienti e neutrali riguardo all’azionario dei mercati emergenti.
L’analisi è stata scritta da Dan Kemp in collaborazione con Mark Preskett, consulente per gli investimenti e gestore di MIM.
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