Chi ha detto che le commodity sono moribonde? Certo, lo stato di salute non è dei migliori, ma dando un’occhiata all’andamento dell’ultimo mese (fino al 25 febbraio) delle categorie Morningstar dedicate alle materie prime si osserva un quadro clinico meno preoccupante di quello che appare leggendo i titoli dei giornali. Almeno per il momento.
Il segmento Energy (quello più a rischio con un petrolio che solo negli ultimi giorni sembra essersi stabilizzato intorno ai 32 dollari al barile), in 30 giorni è salito del 2,6%. I metalli industriali hanno fatto segnare +3,7%, mentre quelli preziosi sono volati a +12,5%. I segni meno riguardano soprattutto le commodity alimentari (di solito quelle più resistenti agli umori del ciclo economico).
Più flussi sull’energy
Altri segnali di un’insospettabile resistenza delle materie prime agli alti e bassi dei mercati arriva dall’osservazione dei flussi di investimento. Negli Stati Uniti le analisi di Morningstar mostrano che negli ultimi sei mesi è cresciuto l’interesse degli investitori per le commodity in generale e per quelle energetiche in particolare. Un’evoluzione simile è stata vista in Europa, anche negli Etf. “Normalmente quando un asset class si deprezza come è accaduto al petrolio gli investitori scappano", spiega Alina Lamy, analista di Morningstar. “Tuttavia, negli ultimi sei mesi abbiamo notato un aumento degli investimenti. Alla luce dei minimi storici toccati dal barile, questo suggerisce che alcuni operatori stanno scommettendo su un possibile cambio di direzione del prezzo e stanno cercando di posizionarsi per sfruttarlo al meglio. Si tratta tuttavia di una strategia speculativa e molto rischiosa”.
Meno sorprendenti sono l’interesse e le performance dei metalli preziosi, da sempre considerati porti sicuri nei momenti di frenata dei mercati e che, con l’S&P500 che da inizio anno ha perso l’8,5% e l’Msci Europe che, nello stesso periodo, si è perso per strada il 10,3%, sono tornati prepotentemente di moda nei portafogli.
Serve cautela
Tutto questo significa che è arrivato il momento di tuffarsi nelle commodity? “I benefici che i fondi dedicati alle commodity possono dare a un portafoglio sono molteplici”, spiega Lamy. “Il primo e più importante è quello della diversificazione. Ma gli investitori devono tenere a mente che si tratta di strumenti molto volatili e quindi vanno utilizzati con estrema cautela”.
Questo vale soprattutto per il petrolio. Il documento sull’evoluzione prevedibile della gestione che accompagna gli ultimi conti di Eni ad esempio, parla di un quadro macroeconomico globale per il 2016 che “evidenzia rischi e incertezze a causa del rallentamento dell'attività produttiva in Cina, nell'Eurozona e nei paesi esportatori di commodity”. Il prezzo del petrolio “dopo aver toccato i valori minimi degli ultimi tredici anni sotto i 30 dollari al barile è previsto proseguire in un trend debole a causa degli squilibri strutturali del mercato gravato dalla sovrapproduzione e dalle incertezze sulle prospettive di crescita a medio lungo termine della domanda energetica".
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