Alla base dell’attività di fund management c’è un concetto molto semplice: per sovraperformare i competitor, i fondi attivi devono differenziarsi dal benchmark di riferimento. La misura di questo spread, definita active share, può essere usata dagli investitori come strumento per valutare il grado di gestione attiva del portafoglio.
Caratteristiche e limiti
Bisogna non perdere di vista, però, le caratteristiche e i limiti di questo approccio. Ecco alcuni esempi:
- L’active share cattura una sola dimensione della gestione attiva, quella a livello di stock selection. Il modo migliore per valutare l’approccio del gestore, invece, è quello di integrare questo strumento con altre metriche come l’R-quadro, il tracking error, la concentrazione del portafoglio e l’analisi dello stile.
- L’active share misura la percentuale del patrimonio del fondo investito in maniera differente rispetto al benchmark di riferimento, ma non dice nulla a riguardo del diverso grado di rischio di questi asset.
- L’active share è un indicatore valido solo per quei fondi che investono unicamente in posizione lunghe e che quindi non hanno esposizioni a strumenti derivati o ad altri fondi o Etf.
- Il livello dell’active share varia a seconda dei benchmark selezionati, i quali differiscono tra di loro per i componenti, per il modo in cui questi vengono pesati all’interno del paniere e per il grado di concentrazione delle holding. Un valore elevato, quindi, può essere il risultato di una scelta errata dell’indice.
- Anche nel caso in cui si utilizzi il giusto benchmark, un elevato active share può essere comunque il risultato di un bias nello stile dell’investimento che potrebbe esporre il risparmiatore a una componente di rischio non preventivata. Quindi, nel caso in cui, ad esempio, dovessimo rilevare un aumento dell’active share in seguito ad una maggiore esposizione del portafoglio ai titoli small cap, sarebbe utile affiancare il risultato dell’active share a una return-based style analysis, in modo da catturare l’impatto di fattori che non possono essere quantificati unicamente da un approccio basato sulle singole holding.
- La costruzione del benchmark può influenzare il livello dell’active share. Nel caso in cui un comparto faccia riferimento a un indice molto concentrato, come ad esempio l’MSCI Europe/Energy, il gestore è costretto ad inserire i costituenti principali come Total. Per i comparti soggetti alla regolamentazione Ucits, poi, la normativa 10/40 limita la concentrazione del portafoglio (nessuna esposizione può pesare più del 10% e la somma delle prime quattro non può superare il 40% del patrimonio complessivo).
- L’active share è la fotografia di una determinata qualità del portafoglio in un preciso momento. Sebbene questa misura non abbia una tendenza a variare nel tempo, il cambiamento del manager o della strategia di investimento può contribuire a una significativa variazione del suo valore. Inoltre, l’andamento dei mercati o delle circostanze legate alla società di gestione possono modificare l’attitudine del fund manager a una gestione attiva.
- All’aumentare dell’active share sale anche la dispersione dei rendimenti annualizzati del fondo, nonché della standard deviation, del max drawdown e del tracking error. Comparti con lo stesso valore di active share, quindi, possono presentare livelli di rischio o rendimento molto diversi. E questo implica che l’active share, da solo, non permetta all’investitore di distinguere i fondi in base alla loro capacità di generare alpha.
Active share, istruzioni per l’uso
Ora che abbiamo chiarito le caratteristiche e i limiti dell’active share, è arrivato il momento di capire come utilizzare questo strumento nell’analisi di un fondo. Ecco alcune raccomandazioni:
- I fondi con il più alto valore di active share non sono necessariamente i migliori. Inseguire questi comparti potrebbe portare l’investitore a selezionare il miglior overperformer, ma anche i peggiori underperformer. Quello che fa la differenza, quindi, è la capacità del gestore.
- E’ necessario guardare alla differenza con il benchmark in termini di stile di investimento, in modo da evitare di esporsi a rischi non desiderati.
- E’ bene evitare quei fondi che combinano un basso active share e un basso tracking error con un livello di commissioni sopra la media. Questi prodotti hanno scarse possibilità di sovraperformare (al netto delle commissioni) nel lungo periodo, per questo gli investitori che cercano performance in linea con il benchmark dovrebbero optare per soluzioni low-cost come i fondi passivi o attivi con un profilo commissionale moderato.
- Le commissioni sono una variabile importante e Morningstar ha dimostrato come i costi del fondo siano negativamente correlati alle performance. Generalmente, il profilo commissionale di un fondo tende a diventare più costoso con la crescita del valore dell’active share. Questo non significa necessariamente che i comparti con un elevato active share siano necessariamente più costosi, ma invita a una riflessione sul come leggere questa variabile. Gli investitori, infatti, non dovrebbero guardare ai costi in valore assoluto, ma a quelli pagati per una singola unità di active share.
Conclusioni
In conclusione, possiamo dire che l’active share può essere uno strumento utile per dare un giudizio sullo stile di gestione del fondo, ma la sua semplicità di utilizzo rappresenta anche il suo limite maggiore. Nel processo di selezione del fondo può essere utile combinare questo strumento con misure di rischio come il tacking error al fine di capire meglio lo stile del comparto e confrontare le performance e le qualità con i fondi che adottano lo stesso stile di gestione.
La ricerca di Morningstar mostra come il grado di rischiosità aumenti all’aumentare dell’active share, rimarcando la necessità di fare molta attenzione dell’utilizzo dell’active share come unico parametro della fund selection. Per comprendere realmente le capacità del fund manager, il processo di stock picking e le modalità di gestione del rischio è necessario un approccio qualitativo. Ci sono vari modi in cui questi aspetti possono essere affrontati e la Morningstar manager research (che è parte integrante del Morningstar Analyst Rating) è uno di questi.
Questo articolo si basa sulle conclusioni di una recente analisi di Morningstar: “Active Share in European Large-Cap Funds”. Scritto da Mathieu Caquineau, CFA, Matias Möttölä, CFA, and Jeffrey Schumacher, CFA.
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