La giostra del fast food

Il settore della ristorazione negli Usa è in costante cambiamento. Alcuni big come McDonald’s hanno un buon Economic moat. Ma nuovi competitor si affacciano sul mercato.

Francesco Lavecchia 15/03/2016 | 11:55
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Il fast food ha ingrassato il portafoglio di chi ha deciso di investirci. Ma il segmento, specialmente negli Stati Uniti, è in perenne evoluzione e potrebbero aprirsi spazi per nuovi concorrenti in grado di mettere in discussione il vantaggio competitivo dei colossi del settore.

Il 2015 è stato un anno intenso per la ristorazione made in Usa. McDonald’s ha cambiato guida con la nomina a CEO di Steve Easterbrook, il quale ha subito proposto nuove iniziative nell’organizzazione interna e nell’offerta dei prodotti, Yum Brands hanno realizzato lo spin-off delle sue attività in Cina (che ora faranno parte della sua rete in franchising), mentre Shake Shack è sbarcata in Borsa (riuscendo in pochi mesi a raddoppiare il prezzo dell’IPO).

“Possiamo commentare questi dati dicendo che gli investitori hanno preferito concentrarsi sulle notizie positive decidendo di aumentare l’esposizione sui titoli del settore”, dice RJ Hottovy analista azionario di Morningstar. “Le catene di ristorazione made in Usa hanno corso nel 2015 mettendo a segno una performance del 39% (rendimento dell’indice S&P 500 Restaurant TR in euro) e ora le valutazioni delle stock del segmento sono tra le più alte tra quelle dell’intero settore beni consumo con un price/earning medio di 24”.

L'ascesa del fast casual
Le trasformazioni che ha subito il business della ristorazione fast food negli Usa negli ultimi dieci anni sono la testimonianza della sua continua evoluzione. L’assenza di barriere all’ingresso e la scarsa fidelizzazione dei clienti lascia aperti ampi spiragli all’ingresso di nuovi concorrenti e al cambiamento degli equilibri all’interno del contesto competitivo.

In passato, il panorama delle catene di ristorazione americane era diviso in due macro-blocchi, da una parte c’erano i fast-food come McDonald’s, Buger King, KFC o Taco Bell, posti in cui la clientela ordina e ritira il cibo e in cui prezzo medio di un pasto è tra i cinque e i sette dollari. Dall’altra i cosiddetti “casual dining”, nei quali, invece, è previsto il servizio a tavola, il cibo è di qualità superiore e il prezzo medio è più alto. Negli ultimi dieci anni, però, si è assistito alla rivoluzione prodotta dalla nascita di un nuovo concetto di ristorante, il fast casual, che si è collocato a metà strada tra i due sia in termini di prezzo che di qualità dell’offerta.

“Il successo di catene come Chipotle e Panera è dovuto a due fattori: il primo è la capacità di questi modelli di ristorazione di interpretare le esigenze di un’intera generazione di clienti, quella dei millennials (quelli nati tra i l’inizio degli anni ’80 e i primi anni 2000), che richiedono un cibo di qualità più elevata e un diverso approccio al customer care, mentre il secondo è legato alla facilità nella loro gestione, dato che necessitano di poco spazio, di un personale limitato e riescono a coprire i maggiori costi di fornitura applicando mark-up più generosi ai prezzi di vendita. Per queste ragioni credo che questa tipologia di ristoranti possa continuare a crescere anche in futuro, sottraendo quote di mercato sia ai fast-food che ai casual-dining”, prosegue Hottovy.

I rischi del settore
Il settore sembra in grado di cambiare costantemente gli equilibri interni, ed è per questo che prima di esporsi gli investitori devono tenere in considerazione le valutazioni dei singoli titoli e i rischi di breve e di lungo periodo legati alla natura stessa del business della ristorazione.

“Il pericolo di incorrere in guai giudiziari legati alla qualità del cibo è sempre dietro l’angolo. Tendenzialmente i consumatori perdonano peccati di questo genere dopo qualche mese, quindi l’impatto sui conti dell’azienda si limita a qualche trimestre. Più importante, invece, è la questione legata al costo del lavoro. In molti paesi in via di sviluppo si registra l’aumento del salario medio e questo rischia di pesare sul bilancio di quelle società fortemente esposte sui mercati globali, che hanno una più alta percentuale di ristoranti gestiti direttamente (e non in franchising) e che non riescono a scaricare le maggiori spese della gestione del personale sui prezzi della merce venduta”, conclude Hottovy.

 

 

 

 

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Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Chipotle Mexican Grill Inc62,10 USD0,84Rating
McDonald's Corp293,16 USD0,64Rating
Shake Shack Inc Class A131,82 USD1,79
Yum Brands Inc134,40 USD0,40Rating

Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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