Un’industria ricca e responsabile

Il segmento SRI a livello mondiale vale più di 21mila miliardi di dollari. Europa e Usa guidano la crescita, ma anche l’Asia si sta facendo notare. Fra le strategie, quella dell’esclusione attrae i maggiori capitali e piace soprattutto nel Vecchio continente. 

Marco Caprotti 22/03/2016 | 09:55
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L’investimento socialmente responsabile cresce. E, almeno stando ai numeri, non sembra una moda destinata a passare in fretta. Secondo i dati riportati dal Global Sustainable Investment Review 2014, l’industria degli investimenti cosiddetti SRI (acronimo di Social responsible investing) nel 2014 (ultimi dati disponibili) valeva 21mila e 400 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 13 e 300 miliardi registrati nel 2012. Nelle regioni coperte dallo studio (Usa, Europa, Asia, Canada e Australia/Nuova Zelanda) gli asset investiti con modalità socialmente responsabili sono passati dal 21,5% al 30,2% del totale. L’America e il Vecchio continente sono le aree dove il 99% degli investimenti di questo tipo viene effettuato.

Le strategie
A livello globale la strategia più seguita è quella chiamata dell’esclusione (si evitano società impegnate in attività considerate poco responsabili, preferendone altre), per la quale sono stati impiegati 14mila e 400 miliardi di dollari, seguita da quelle che vedono un’integrazione con i principi ESG (Environment, social, governance) con 13mila miliardi e da quella dell’azionariato attivo (7mila miliardi). Quella dell’esclusione è la strada che piace di più in Europa, mentre gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e l’Asia sono le zone dove si preferisce l’integrazione con i fattori ESG. In Canada prevale l’attivismo dei soci. Inizia a farsi notare, intanto, il cosiddetto impact investing (definito come un tipo di investimento destinato a risolvere determinati problemi sociali e ambientali).

Europa
Per quanto riguarda l’Europa, le strategie SRI (che impiegano asset per 13 e 600 miliardi), nel complesso, stanno crescendo a ritmi più veloci rispetto a quelli dell’intera industria della gestione. Dall’inizio del 2012 al 2014 gli asset destinati a temi di sostenibilità sono aumentati del 30% (in dollari). I temi di esclusione hanno avuto un balzo del 90%.  Ma l’incremento maggiore è stato il +146% dell’impact investing. Il progresso dell’azionariato attivo in paesi come Italia (+193% calcolato in euro a partire dal 2012), Germania (48%), Belgio (94%), Svizzera e regione scandinava segnala un cambio di mentalità degli investitori europei per quanto riguarda i temi legati alla governance.

America
Negli Stati Uniti l’investimento sostenibile – che per un decennio ha rappresentato il 10-12% degli asset under management della regione – ha fatto un deciso passo avanti arrivando a 6.500 miliardi di dollari, il 76% in più rispetto al 2012. Circa il 18% dei soldi in gestione negli Usa sono in mano a privati, istituzioni o gestori che considerano i criteri ESG un punto fondamentale quando devono decidere quale azienda mettere in portafoglio.

Anche in Canada il segmento SRI sta vedendo una forte crescita. Il capitale destinato a questo tipo di investimenti è passato da 589 miliardi (dollari Usa) a 945 miliardi in due anni.

Australasia
Nella zona che comprende Australia e Nuova Zelanda il balzo è stato del 34%, arrivando a 180 miliardi. Per l’Asia si parla di 53 miliardi: una cifra modesta raffrontata a quella di Europa e America, ma che rappresenta comunque un salto in avanti del 32% rispetto al 2012. I mercati dell’area dove questo tipo di pratiche sono più seguite sono Malaysia, Hong Kong e Corea del Sud. La maturazione, in questo senso, è guidata da una maggiore sensibilità riguardo a molte economie della regione che stanno cercando di uscire da situazioni dominate, a livello energetico, dal carbone. Passi avanti si stanno registrando anche in Giappone, dove 192 istituzioni finanziarie hanno firmato i Principles for financial action for the 21st century, un documento che ha alla base la volontà di “guidare la società verso la sostenibilità portando flussi di denaro verso quelle attività che rispondono a questo principio”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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