Per andare a caccia di rendimenti il mirino deve tornare a inquadrare le società che pagano buoni dividendi. La strategia era stata messa da parte con la ripresa dei mercati che aveva fatto tornare un po’ di appetito per il rischio. Poi è arrivata una nuova tempesta sulle Borse, alimentata dai dubbi sulla ripresa mondiale e dalla debolezza del petrolio che potrebbe far traballare anche le banche, così gli investitori hanno dovuto tirare fuori dal cassetto i dossier relativi alle aziende con la cedola più interessante. Il tutto, tra l’altro, in un momento di bassi rendimenti da parte delle obbligazioni.
Occhio alla selezione
La selezione dei titoli, tuttavia, deve essere molto attenta. “Quando si segue questo tipo di strategia bisogna tenere sotto costante controllo l’andamento dei tassi di interesse”, spiega Michael Rawson, analista di Morningstar. “Le azioni che pagano dividendi, storicamente, hanno mostrato di soffrire di più nei momenti in cui le banche centrali iniziano ad alzare il costo del denaro. Quando gli istituti di politica monetaria iniziano con le strette è perché le cose cominciano a marciare per il verso giusto dal punto di vista macroeconomico. Agli investitori torna la voglia di rischiare e mollano le dividend paying stock. Per chi continua a tenerle, a quel punto c’è il rischio di avere in mano società che staccano bune cedole, ma il cui valore di Borsa impoverisce l’intero portafoglio”.
Healthcare meglio dell’energy
Uno dei segmenti che gli analisti di Morningstar stanno tenendo sott’occhio in questo momento è quello dell’healthcare. “E’ uno di quelli che ha pagato di più per la tempesta che si abbattuta sui mercati fra la fine dell’anno scorso e l’inizio del 2016”, spiega Eric Compton, che, insieme al collega Greggory Warren compila la lista di Morningstar degli Ultimate stock picker. “Ma fatte le analisi sui prezzi e i fair value abbiamo visto che la metà dei titoli che sono entrati nell’ultima versione del nostro elenco provengono da lì. Il vantaggio, rispetto ad altri comparti che offrono caratteristiche simili, come ad esempio l’energy, è che è molto meno volatile e offre una maggiore stabilità al portafoglio”.
Radar sulle small cap
Un segmento che gli operatori a caccia di rendimento iniziano a guardare con sempre maggiore insistenza è quello delle small cap. Dal punto di vista dei dividendi non è mai stato tenuto troppo in considerazione: troppo volatile, vantaggi competitivi (Economic moat) difficili da definire e una eccessiva dipendenza dai cicli economici gli hanno sempre fatto preferire le blue chip. “Nonostante questo ci sono analisi storiche che mostrano i vantaggi di investire nelle azioni delle Pmi”, spiega Rawson. “Quelle americane, ad esempio, dal 1927 hanno mediamente battuto il mercato del 3% ogni anno. Gli investitori che utilizzano questa asset class lo fanno prendendo piccole posizioni su più società in modo da non appesantirsi troppo su pochi nomi e avere un adeguato livello di diversificazione che non mette a rischio l’intera tenuta del portafoglio”.
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