L’Europa batte il nord America. Almeno per quanto riguarda gli investimenti cosiddetti ESG (acronimo di Enviromental, social and governance). Secondo la 2014 Global Sustainable review il 58,8% degli asset investiti del Vecchio continente sono frutto di decisioni socialmente responsabili rispetto al 31,3% del Canada e il 17,9% degli Stati Uniti.
Uno dei motivi per cui questa parte dell’Atlantico guida il gruppo è il fatto che gli investitori istituzionali europei considerano l’investimento sostenibile come parte del loro mandato fiduciario. Un esempio in questo senso è il fondo pensione dei dipendenti pubblici olandesi ABP che, con i suoi 350 miliardi di euro di asset in gestione, è uno dei più grandi del mondo ed è considerato uno di quelli che, storicamente, ha sempre avuto un occhio di riguardo per le scelte ESG. A ottobre il fondo ha annunciato un cambiamento radicale della sua politica di investimento. Su richiesta dei suoi investitori ABP andrà alla specifica ricerca di attività socialmente responsabili nelle quali investire. Per farlo ha già stilato un elenco di obiettivi fra i quali quello di tagliare del 25% gli investimenti che hanno a che fare con il diossido di carbonio entro il 2020. Nello stesso periodo raddoppierà gli sforzi in quelle attività che contribuiscono a un futuro più sostenibile passando da 20 a 58 miliardi di euro.
Anche i private banker e, più in generale, i gestori di patrimoni consistenti stanno affrontando processi simili per diventare “più sostenibili”. Rabobank, ad esempio, anni fa ha deciso di limitare la sua offerta di fondi di terzi a quelli che hanno firmato i Principi per gli investimenti responsabili redatti dalle Nazioni unite e che hanno una politica chiara riguardo alle armi non convenzionali.
Paese che vai ESG che trovi
Certo, l’Europa non è un mercato omogeneo. Alcune notevoli differenze nelle pratiche ESG sono evidenti fra paese e paese. Secondo Eurosif (un’organizzazione transnazionale per gli investimenti socialmente responsabili e sostenibili) in Francia la Francia è il paese dove più compiutamente sono applicate strategie ESG. Nel Regno Unito la strategia più applicata è quella chiamata “dell’impegno e del voto”. Nei Paesi Bassi la più seguita è quella dell’esclusione. L’ultima tendenza in molti stati è quella degli strumenti con definiti impact investing (investimenti fatti da aziende, organizzazioni e fondi con l'intento di generare un impatto benefico e misurabile impatto sul sociale e sull'ambiente a fianco di ritorni economici, secondo la definizione della Rockfeller Foundation)
Il ruolo della politica
In questo processo i governi del Vecchio continente giocano un ruolo importante. In Francia lo stato sta creando una sorta di certificazione per i fondi che aderiscono ai principi ESG. In Olanda il governo ha pubblicato il Pension Governance Code che dà le linee guida ai fondi pensione su temi come la trasparenza, la politica di bilancio e la buona gestione aziendale. Il codice richiede anche ai fondi pensione di definire una strategia di investimenti responsabili e di metterla a disposizione degli aderenti.
Quello che gli Stati Uniti e l’Europa hanno in comune, invece, è la debolezza dell’applicazione di principi ESG nel mercato dei fondi dedicati al retail. Questo potrebbe essere dovuto alla mancanza di definizioni chiare o all’idea che investire secondo principi ESG potrebbe portare a performance più basse. Questa percezione dovrebbe cambiare col tempo. Studi accademici e analisi dell’industria hanno dimostrato che l’investimento sostenibile spesso fa meglio di quello tradizionale e ci sono prove sempre più evidenti che incorporare nella propria strategia elementi ESG ha effetti positivi sulla performance del portafoglio. Da questo punto di vista, Morningstar ha intenzione di analisi sempre più approfondite sul tema quando il nuovo rating ESG avrà un po’ più di storia.
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