Data la portata e l’impatto delle recenti misure di politica monetaria prese dalle principali Banche centrali, non sono previste novità significative nel corso delle prossime riunioni e nemmeno durante l’estate. Janet Yellen, presidente della Fed, ha indicato che il prossimo Federal Open Market Committee manterrà una posizione dovish (cioè morbida, accomodante) e che la Fed è pronta anche a rischiare di non centrare il proprio obiettivo d’inflazione al fine di assicurare il suo doppio mandato. Non a caso, nell'ultima riunione, tenuta a fine aprile, la Banca, come ampiamente atteso, ha deciso di lasciare i tassi invariati allo 0,25-0,50% con la quasi unanimità del Board.
Al di fuori dai confini americani, sia Mario Draghi della Banca centrale europea che Haruhiko Kuroda della Banca del Giappone mantengono l’impegno di ulteriori azioni per raggiungere una maggiore inflazione, con la seconda pronta, se necessario, a varare nuovi stimoli monetari a luglio. Nel corso dell’ultima riunione lo scorso 28 aprile, la Bank of Japan ha confermato la sua politica monetaria, lasciando invariati i tassi sui depositi a -0,1% e il piano di quantitative e qualitative easing (QQE) da 80 mila miliardi di yen.
L’istituto di Francoforte, dal canto suo, ha deciso a marzo di passare alle armi pesanti: è stato infatti abbassato di cinque punti il tasso di riferimento principale, sceso dallo 0,05% allo 0%. Stesso taglio per quello di rifinanziamento marginale che è passato da 0,30% a 0,25%. Sempre più in negativo, infine, il tasso sui depositi, che con un taglio di 10 punti scende a -0,40%. Inoltre, l’Eurotower ha deciso di incrementare di 20 miliardi di euro - portandolo a quota 80 miliardi - il pacchetto di acquisti mensili avviato nel 2015. Senza dimenticare il cosiddetto TLTRO: i prestiti alle banche inizieranno a giugno 2016, avranno durata di quattro anni con lo stesso tasso di interesse applicato sui depositi (quindi al momento negativo).
La Banca d’Inghilterra, guidata da Mark Carney, ha invece tra le mani la patata bollente del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea del prossimo 23 giugno, il quale non aiuta in un contesto di forte incertezza economica a breve termine e di una moneta che si deprezza. Il governatore ha infatti descritto il voto come la più grande minaccia interna per la stabilità finanziaria della Gran Bretagna.
Le obbligazioni corrono nonostante tutto
Un po’ a sorpresa, tutti i mercati a reddito fisso, tra cui i titoli di Stato, si sono ben comportati a marzo e ad aprile. Con i rendimenti governativi già a livelli bassissimi, la maggior parte dei rendimenti reali a 10 anni negativi e la crescita globale prevista in rialzo nel corso dei prossimi trimestri, le principali Banche centrali sono tutte impegnate a promuovere la crescita e l'inflazione; ma gli investitori stanno scommettendo pesantemente che non ci riusciranno.
Detto questo, il destino dei rendimenti obbligazionari è storicamente determinato dalle politiche delle Banche centrali, piuttosto che dai modelli di analisi fondamentale che si basano sul fair value. Comunque, lo scenario macro più positivo suggerisce che la corsa dei bond governativi sia giunta al termine e che i rendimenti piatti o in alcuni casi negativi siano ormai la normalità.
Per le obbligazioni societarie, vi è ancora spazio per un ulteriore restringimento degli spread, anche se la fase del ciclo del credito suggerisce che i minimi recenti siano fuori portata, anche con metriche di credito ragionevolmente favorevoli. Ciò dovrebbe portare rendimenti positivi per i bond investment grade e soprattutto gli high yield, campo in cui negli Stati Uniti si potrebbe superare il 5%. Il debito dei mercati emergenti offre delle possibilità di rendimento altrettanto elevate con i corporate bond e le emissioni governative, anche in valuta forte.
Azioni, Eurozona e Giappone con le migliori prospettive
L’inizio di aprile ha visto qualche modesta presa di profitto sui mercati azionari globali, ma senza suggerire qualcosa di più serio, dato il contesto macroeconomico che migliora e le Banche centrali come sostegno possibile. Le migliori opportunità a breve termine sembrano trovarsi in Giappone e in Europa, Regno Unito escluso, a seguito della notevole sotto-performance nei primi mesi dell’anno, di valutazioni più che decenti e di un flusso di notizie previsto più positivo nel corso dei prossimi tre-sei mesi.
In assenza di miglioramenti degli utili delle aziende americane, gli indici US vengono valutati ancora una volta piuttosto costosi, mentre il Regno Unito è probabile che rimanga fuori dai radar degli investitori fino a dopo il referendum Ue. I mercati emergenti sono oggi più interessanti rispetto ai paesi sviluppati, con l'Asia particolarmente ben posizionata. Il rialzo dei mercati sviluppati rischia di essere soffocato dagli Stati Uniti.
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