Troppe incognite si aggirano per l’Europa. E gli investitori non riescono ad estrarre tutto il valore che vorrebbero dai loro asset. E’ vero che i fondi raccolti nelle diverse categorie Morningstar dedicate al Vecchio continente nell’ultimo mese (fino al 30 maggio e calcolate in euro) hanno avuto tutti andamenti positivi (dall’1,95% dell’Azionario Europa ex UK large cap al +3,1% dell’Azionario Eurozona small cap). Ma la performance di ogni segmento da inizio anno resta negativa e la strada per recuperare dai massimi degli ultimi tre (toccati in vari periodi dell’anno scorso) sembra ancora lunga.
Certo, il Pil della zona euro è salito dello 0,5% durante il primo trimestre. Anche nell'area dei 28 ha registrato un progresso dello 0,5% rispetto al trimestre precedente. Nel quarto trimestre 2015 la crescita era stata dello 0,3% nella zona euro e dello 0,4% nell'area dei 28. Su base annua, il Pil ha registrato un progresso dell'1,5% nell'area euro e dell'1,7% nell'EU28, dopo il +1,6% e +1,8% dell'ultimo trimestre del 2015. “Nonostante la situazione di miglioramento, sia le aziende che i consumatori si muovono con estrema cautela, in attesa di qualche evento che potrebbe far deragliare la congiuntura. Potrebbe trattarsi della Brexit o di un altro attentato terroristico”, spiega Robert Johnson, responsabile dell’analisi economica di Morningstar. “Per questo motivo l’umore che abbiamo avvertito fra i gestori che operano nella regione non è dei migliori”.
Congiuntura in chiaroscuro
Va anche detto che non tutti i dati sono positivi come quello del Pil. A marzo, ad esempio, la produzione industriale dell'Eurozona è scesa dello 0,8% rispetto al mese precedente e salita dello 0,2% rispetto a marzo dell'anno scorso. Nell'Europa a 28 la produzione è diminuita dello 0,5% rispetto al mese precedente ed è aumentata dello 0,3% su anno. Il declino della produzione industriale a livello congiunturale nell'Eurozona e nell'Europa a 28 è dovuto soprattutto alla produzione di beni non durevoli (rispettivamente -1,9% e -1,4% su mese). Tra gli Stati membri i cali più ampi hanno riguardato l'Irlanda (-11,2%), la Lituania (-3,5%) e l'Estonia (-3,3%). A registrare l'incremento maggiore è stata invece la Croazia (+5%).
Sempre a marzo è aumentato il surplus nel commercio di beni nella zona euro verso il resto del mondo a 28,6 miliardi rispetto a 19,9 miliardi un anno prima. Il commercio all'interno della zona euro è calato a 149,3 miliardi, -2% rispetto a marzo 2015. L'esportazione di merci verso il resto del mondo è stata pari a 177,8 miliardi, con un calo del 3% rispetto a un anno prima (182,8 miliardi). Le importazioni sono scese a 149,2 miliardi, con un calo dell'8%.
Il nodo Brexit
C’è poi la questione di una possibile uscita del Regno Unito dalla Ue (il cosiddetto Brexit). “I sostenitori dell’una e dell’altra fazione – pro e contro Brexit – dipingono un’uscita del Regno Unito rispettivamente come un eldorado o l’inizio di una catastrofe. Pur ammettendo un certo grado di iperbole nei toni politici, in sostanza riteniamo che entrambi gli scenari siano lontani dal vero, in particolare dal momento che nessuna delle due parti sa per certo cosa succederebbe nel caso in cui dovesse prevalere un voto favorevole ad una Brexit”, spiega uno studio firmato da Andrew Belshaw, responsabile investimenti di Western Asset (gruppo Legg Mason). “Riteniamo che il risultato favorito al momento dai sondaggi, cioè quello di una scelta di rimanere all’interno dell’Ue, sia il più probabile. Se così fosse, questo si configurerebbe come uno scenario favorevole per gli asset del Regno Unito e dell’Europa e ci aspetteremmo di assistere ad un rally sia dei mercati del credito che dei mercati azionari, dal momento che verrebbe meno quella componente di incertezza oggi incorporata nei premi al rischio. Allo stesso modo, ci aspetteremmo una sterlina in rialzo sull’euro, mentre i rendimenti dei titoli governativi britannici (Gilts) non dovrebbero subire contraccolpi rilevanti, almeno finché la Bank of England non deciderà di avviare politiche monetarie restrittive”.
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