In seguito al voto favorevole alla Brexit, un terzo delle società britanniche sta pianificando tagli agli investimenti e alle assunzioni di nuovo personale. E’ il risultato di un sondaggio condotto dall’Institute of Directors (IoD, organizzazione degli imprenditori e dei dirigenti di azienda del Regno Unito) fra i suoi membri.
Circa metà dei 1000 iscritti intervistati manterrà invariati gli stanziamenti di capitale, mentre solo il 9% di essi dice di voler aumentare gli investimenti.
Relativamente ai piani occupazionali, invece, un terzo dei partecipanti al sondaggio ha espresso l’intenzione di voler mantenere invariato gli attuali tassi di assunzione, il 25% vuole conservare il numero di impiegati, mentre il 5% pensa a un taglio del personale.
Simon Walker,direttore generale dello IoD ha commentato i risultati del sondaggio dicendo che la maggioranza degli imprenditori britannici pensa che la Brexit sia un danno e che, di conseguenza, comporti il ridimensionamento dei loro investimenti.
“Le imprese stanno cercando di capire qual è il modo migliore di adattarsi alla Brexit per continuare ad avere successo in quello che fanno. Tuttavia non possiamo esssere superficiali nell’analisi del problema, poiché molti sono gli imprenditori preoccupati per il futuro” dice Walker.
Richard Marwood, fund manager di Royal London Asset Management, ha detto che è prevedibile che le aziende decidano di posticipare le decisioni relative all’impiego di capitale, aspettando di avere un quadro politico e regolamentale più chiaro dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue. “Ci saranno, quindi, delle ripercussioni sugli investimenti e questo potrebbe alimentare le speculazioni sulla crescita futura dell’economia della regione”, dice Marwood.
Profit warning in arrivo
Lunedì scorso la compagnia aerea EasyJet (EZJ) e l’agenzia immobiliare Foxtons (FOXT) hanno annunciato un profit warning a causa delle ripercussioni della Brexit. La prima ha detto di aspettarsi in futuro la cancellazione di numerosi voli, che si tradurrà in una contrazione degli utili, mentre la seconda prevede una frenata delle compravendite immobiliari. “Queste sono state le prime a lanciare l’allarme, ma molte altre società annuncieranno un profit warning nei prossimi mesi”, prosegue Marwood. “Nel lungo termine, comunque, la Brexit potrebbe trasformarsi in una opportunità per le imprese britanniche, poiché grazie alla svalutazione della sterlina aumenterebbe la competitività sul mercato”.
Le società rimarranno in UK
Subito dopo il voto si sono inseguite le notizie relative al rischio che le banche decidano di spostare il loro headquarter da Londra, ma, se è vero che l’industria della finanza sta vivendo un momento di forte trasformazione, il 71% degli imprenditori intervistati ha dichiarato la sua intenzione a mantenere la priopria presenza nel Regno Unito e solo il 17% ha detto di considerare la possibilità di spostare le proprie attività in un altro paese dell’Unione europea.
Paura per la reazione delle Borse
Tre quarti degli imprenditori intervistati indica tra le principali preoccupazioni della Brexit quella relativa alla volatilità del mercato azionario. “Non c’è motivo di piangere sul latte versato. Non perderemo la fiducia nella capacità delle nostre aziende a superare questo ostacolo”, dice Walker. “Tuttavia questa risposta sottolinea l’importanza della Bank of England nel mantenere la stabilità del sistema finanziario. E’ di vitale importanza che le imprese non restino a secco di liquidità”.
Accordi con l’Europa
Gli intervistati non sono preoccupati dalle tempistiche con le quali il Regno Unito negozierà gli accordi con l’Ue, ma da fatto che le condizioni per l’uscita siano vantaggiose o meno per le loro aziende.
Quentin Fitzsimmons, senior fixed income portfolio manager per T. Rowe Price, ha sottolineato come i paesi europei abbiano vari livelli di dipendenza dal commercio con il Regno Unito. “La Francia cercherà di ostacolare l’attività delle società del settore finanziario all’interno del Vecchio continente, mentre la Germania potrebbe essere incline a una soluzione più flessibile, dato il forte peso del mercato UK sull’export del suo settore auto”, dice Fitzsimmons.
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