Non basta Brexit per affondare le banche

Le conseguenze per il settore sono negative, ma gli istituti oggi sono abbastanza forti per non rischiare di andare in crisi. 

Erin Davis 30/06/2016 | 11:16
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Vediamo il voto del Regno Unito per uscire dall'Unione europea come un chiaro elemento negativo per le istituzioni finanziarie sia UK che Ue. Non possiamo fare a meno di prendere nota delle dichiarazioni del Fondo monetario internazionale secondo cui gli “effetti economici netti [per il Regno Unito] di lasciare l'Unione europea saranno probabilmente negativi e sostanziali" visto che le imprese e le famiglie rinvieranno le decisioni di investimento fino a quando il nuovo rapporto tra il Regno Unito ei suoi partner commerciali prenderà forma. Questo anche perché molte aziende muoveranno le loro attività dal Regno Unito all’interno delle frontiere dell'Ue. Tuttavia, nonostante il prezzo delle azioni bancarie sia in calo del 30% e sia a metà del valore di libro, pensiamo che una crisi sia improbabile. Il sistema creditizio UK si è rafforzato considerevolmente dopo la crisi finanziaria. Pensiamo che le banche del Regno Unito siano fortemente capitalizzate, con bilanci ben finanziati e altamente liquidi. Pensiamo che le banche abbiano sufficienti risorse per resistere a un temporaneo congelamento della raccolta sui mercati. La Banca d'Inghilterra, inoltre, è pronta a fornire più di 250 miliardi di sterline di liquidità aggiuntiva. Inoltre, non prevediamo che il voto causerà grandi perdite simili a quelle registrate con i titoli subprime o causate dalla crisi del debito greco.

Occhio al breve periodo
Tuttavia, pensiamo che nel breve termine l’impatto negativo del Brexit sulle banche concentrate sul Regno Unito sarà significativo. La maggior parte degli studi anticipa un impatto di lungo periodo sul Pil pari al -5%. Recenti tendenze al rialzo dei margini di interesse netti sono suscettibili di fermarsi, se non di invertire la rotta, dato il calo della domanda di credito e la maggiore probabilità che la Banca d'Inghilterra tagli i tassi di interesse. Inoltre, l'incertezza a breve termine (unitamente alla possibilità di bassa crescita del Pil a lungo termine) è probabile che metta sotto pressione l’incremento dei prestiti. Prevediamo che la perdita di rilievo di Londra come centro finanziario peserà sui ricavi delle corporate and investment bank, anche perché sarà più difficile assumere persone di talento in questi campi. Prevediamo che i costi operativi aumenteranno mentre le banche UK si preparano a lasciare l'Unione europea. Pensiamo che gli istituti del Regno Unito possano avere bisogno di creare filiali all'interno dei futuri confini dell'Ue, al fine di continuare a servire i propri clienti internazionali. Siamo dell’idea che Barclays sarà influenzata in modo significativo, date le sue grandi attività di corporate e investment banking. Nel caso della Scozia, Lloyds Banking Group e Royal Bank of Scotland potrebbero affrontare costose delocalizzazioni rispetto alla loro sede di Edimburgo.

Pensiamo che i costi del credito per le banche UK siano suscettibili di aumentare dai recenti livelli molto bassi. Londra rischia di perdere parte della sua importanza come centro finanziario e i prezzi delle case potrebbe abbassarsi a causa della discesa della domanda di abitazioni. Tuttavia, i livelli di perdite sui mutui retail saranno gestibili, dati i bassi rapporti fra prestiti erogati e valore degli immobili.

I costi di finanziamento a breve termine possono diminuire se i tassi di interesse scendono, ma riteniamo che i costi di finanziamento a lungo termine potrebbero aumentare se la domanda per le obbligazioni nel Regno Unito, come ad esempio i titoli garantiti da ipoteca denominati in euro emessi da banche nel Regno Unito, dovesse scendere. Le banche dell'Ue sono state storicamente le principali acquirenti di questi titoli, in quanto attualmente operano come strumenti di copertura per la liquidità delle banche. Tuttavia, questi asset perderanno valore dopo Brexit. Le banche del Regno Unito possono anche essere in una posizione di svantaggio per competere per i depositi corporate.
Prevediamo che questi istituti possano dover fare i conti con un esodo di dipendenti che non sono cittadini del Regno Unito: non è chiaro se saranno autorizzati a lavorare nel paese alla fine del processo di Brexit. Pensiamo che questo rischio sia più acuto per le banche che competono sui mercati internazionali in segmenti come l'investment banking e l’asset management.
Ci sono anche altri aspetti da tenere in considerazione. Lo vediamo come improbabile, ma le autorità di regolamentazione britanniche potrebbero scegliere di proteggere l’attività di servizi finanziari di Londra con regolamenti per consentire, ad esempio, una maggiore retribuzione variabile per i banchieri o una maggiore assunzione di rischi da parte delle istituzioni finanziarie. Vediamo comunque una tale mossa come contraria allo spirito della normativa UK seguita alla crisi finanziaria. Una scelta del genere sarebbe negativa dal punto di vista del mercato del credito.

Le banche Usa
Per quanto riguarda le banche globali degli Stati Uniti, ci aspettiamo effetti sul modo di lavorare di questi istituti dopo Brexit. L'impatto più evidente a breve termine sarà quello di un ampliamento degli spread delle obbligazioni, che può portare a costi di finanziamento più elevati. Ma non prevediamo che le condizioni di mercato si deteriorino così rapidamente da portare a una crisi di fiducia per le banche più concentrate sul Regno Unito. Rispetto al 2007, ci sono coefficienti patrimoniali più elevati di oggi, rischi più bassi nei bilanci, una minore dipendenza dal finanziamento a breve termine e livelli più elevati di copertura della liquidità. Poiché la maggior parte dell'esposizione delle banche globali Usa è limitata ai mercati finanziari e ad alcuni settori commerciali, non ci aspettiamo grandi perdite sui crediti che possano portare a operazioni sul capitale.

Ribadiamo la nostra raccomandazione di sovrappesare i bond Citigroup e Goldman Sachs. Gli spread delle obbligazioni decennali di entrambe le società sono più o meno 15 punti base più ampie e i fondamentali delle società rimangono intatti. Noi, tuttavia, ci aspettiamo che la volatilità dei mercati vada a incidere negativamente sull’attività di trading nel Regno Unito durante il resto dell'anno. I costi per il settore bancario che sono più difficili da analizzare sono i più elevati investimenti legati alle strutture e quelli occupazionali visto che i trattati sul lavoro avranno bisogno di essere rinegoziati.

Al di là delle otto banche di rilevanza sistemica che seguiamo - Bank of America, Bank of New York Mellon, Citigroup, Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, State Street e Wells Fargo – ci sono quelle regionali americane che, però, hanno una esposizione internazionale limitata (per non parlare di quella nel Regno Unito). Prendendo ad esempio quelle globali, anche Wells Fargo (la terza banca statunitense per dimensioni dell'attivo) aveva solo il 6% degli impieghi a fine anno al di fuori degli Usa. Per questo, vediamo effetti diretti trascurabili sulle banche regionali statunitensi.

Basandosi sui segnali che la Federal Reserve ha inviato ai mercati ci aspettiamo che la banca centrale Usa mantenga i tassi allo 0,25% - 0,50% per un periodo ancora più lungo nel tentativo di massimizzare la liquidità del mercato. Questa posizione è più problematica per la maggior parte delle banche che avranno difficoltà a rivalutare alcuni asset sensibili all’andamento del costo del denaro come depositi e prestiti. Il margine di interesse netto costituisce il 40% - 80% di banche regionali come Zions Bancorp, SunTrust e Regions Financial e di banche globali come JPMorgan e Citigroup.

Un’Europa fragile
Ad un livello più ampio, Brexit illustra la fragilità del progetto europeo. È certamente plausibile che altri paesi possano minacciare di lasciare l'Unione europea se il sentimento nazionalistico si sviluppasse o se il costo di adesione diventasse troppo elevato. Come minimo, ci aspettiamo progressi su un'unione bancaria europea. Si sottolinea inoltre la crescente influenza del populismo nelle discussioni politiche su questioni economiche. Vediamo il rischio che il voto britannico per lasciare l'Ue possa avere conseguenze sul referendum di ottobre sulle riforme costituzionali in Italia, per esempio. Potrebbe anche fornire un sostegno a gruppi anti-euro in Francia, il secondo più grande membro della Unione.

Oltre all'impatto della Brexit sul settore bancario degli Stati Uniti, ci sarà da monitorare l'effetto dei più elevati prezzi del petrolio sui profitti delle banche e la qualità degli asset. Il calo dei prezzi del barile nel corso degli ultimi 12 mesi ha contribuito a un deterioramento della qualità creditizia del portafoglio prestiti commerciali e industriali di certe banche e ha portato maggiori accantonamenti per perdite su crediti, che hanno penalizzato i profitti di alcune società tra cui Capital One Financial, JPMorgan Chase, Wells Fargo e Comerica. Ci aspettiamo che il rimbalzo del prezzo del petrolio a circa 50 dollari al barile dai 20 dollari di febbraio possa dare nuova linfa ai bilanci delle banche e contribuire a stabilizzare la qualità dell'attivo.

L’analisi è stata realizzata il 29 giugno 2016.

Per informazioni sulla metodologia di ricerca di Morningstar, la Policy sui conflitti di interesse e l’integrità della ricerca, clicca qui.

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Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Bank of America Corp46,71 USD1,40Rating
Bank of New York Mellon Corp79,11 USD1,59Rating
Barclays PLC ADR13,37 USD0,94Rating
Capital One Financial Corp183,31 USD1,45Rating
Citigroup Inc69,25 USD1,41Rating
Comerica Inc69,21 USD1,96Rating
JPMorgan Chase & Co245,21 USD1,84Rating
Lloyds Banking Group PLC ADR2,77 USD-1,25Rating
Morgan Stanley135,34 USD2,77Rating
NatWest Group PLC ADR10,24 USD0,34Rating
Regions Financial Corp26,79 USD2,02Rating
State Street Corporation96,59 USD1,35Rating
The Goldman Sachs Group Inc599,20 USD2,97Rating
Wells Fargo & Co75,41 USD2,49Rating
Zions Bancorp NA59,34 USD1,16Rating

Info autore

Erin Davis  Erin Davis is a senior stock analyst for Morningstar.

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