Sono consapevole del fatto che davanti alla scelta tra fondi attivi ed Exchange traded fund (Etf), molti storcano il naso: “ma come possono i fondi comuni (considerando, ovviamente, i prodotti di una data categoria) essere più redditizi rispetto ai loro corrispondenti Etf (appartenenti alla stessa categoria)? Non abbiamo sempre detto che i replicanti differiscono dai fondi attivi a causa dei loro costi più bassi e questo rappresenta una differenza significativa quando si investe medio-lungo termine?”
Inoltre, se si sceglie un periodo in cui il sottostante ha avuto un comportamento positivo (ad esempio, i titoli azionari della zona euro negli ultimi cinque anni), questo contesto tende a favorire i prodotti di gestione passiva, dato che questi sono investiti sempre al 100%, mentre i fondi tendono ad avere una parte del loro portafoglio in liquidità.
Facile, quindi: gli Etf sono la scelta migliore! Beh, non così in fretta. Nonostante siano argomenti ragionevoli, abbiamo deciso di calcolare la differenza di rendimento tra i replicanti e i fondi gestiti attivamente prendendo come caso di studio le azioni a grande capitalizzazione della zona euro. Per farlo abbiamo considerato la performance mensile media negli ultimi cinque anni di tutti i fondi e gli Etf della categoria domiciliati in Europa.
Il risultato è il seguente:
Certo, c’è una leggera differenza a favore degli Etf (linea rossa), ma si tratta solo del 2,5% accumulato nel corso degli ultimi cinque anni. Tuttavia, c’è da notare che l’evoluzione dei fondi è al netto di tutte le spese, mentre nel caso dei replicanti le commissioni di compravendita sulle Borse e di custodia non vengono prese in considerazione; se prendessimo in conto tutte queste spese accessorie, è probabile che il rendimento medio dei fondi superi quello degli Etf.
Com’è possibile?
Personalmente vedo due tipi di spiegazioni, entrambe legate a quella che potremmo definire la purezza dello stile di gestione.
In primo luogo, non tutti i fondi di investimento di questa categoria (Azionari area euro large cap) investono in società a grande capitalizzazione. Molti di essi, infatti, pescano nel territorio delle medie capitalizzazioni, soprattutto in periodi di ripresa economica, quando queste sono state più redditizie rispetto alle grandi imprese, come mostra il grafico sottostante. Al contrario, l’andamento di un tipico Etf che replica un indice azionario a grande capitalizzazione deriva esclusivamente dal comportamento dei grandi valori.
In secondo luogo, vi è anche una questione di “purezza” rispetto al posizionamento tra titoli di tipo value e di tipo growth. Un indice come l’Euro Stoxx 50 (o, alternativamente, un Etf come l’iShares Euro STOXX 50, prodotto che abbiamo selezionato come proxy per questo benchmark nella tabella seguente) ha chiaramente una propensione verso lo stile value e di solito non presenta molte variazioni da questo punto di vista. Al contrario, i fondi attivi presentano, nel complesso, più fluttuazioni a livello di stile di gestione e soprattutto, rispetto ai loro concorrenti Etf, hanno una maggiore esposizione verso titoli growth, aziende orientate alla crescita che hanno fatto meglio rispetto ai titoli value negli ultimi cinque anni.
In conclusione
Credo che ci sia una chiara conclusione che possiamo trarre da questa piccola analisi: se si vuole investire con un elevato grado di purezza, in termini di stile di gestione, non c'è niente di meglio di un Etf (o di un fondo indicizzato), perché questo sarà sicuramente più fedele allo stile prescelto di qualsiasi fondo comune tradizionale. Con “purezza di stile” mi riferisco ai due assi della nostra Morningstar Style Box (stile e dimensione delle società).
Se, invece, si è a favore della flessibilità in termini di stile di gestione, allora è chiaro che un fondo attivo è la scelta migliore, ma selezionando sempre correttamente il prodotto soprattutto in base ai costi, perché hanno un impatto importante sulla performance finale.
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