I fondi specializzati su Piazza Affari hanno in pancia meno banche italiane dell’indice Ftse Mib. Secondo i dati Morningstar, l’esposizione media è del 20% contro il 23% del benchmark (al 31 maggio).
Non sono solo le recenti difficoltà e i crediti deteriorati a tenere lontani i gestori dagli istituti di credito del Belpaese. L’analisi dei portafogli nell’ultimo triennio, infatti, mostra che storicamente questo segmento è in sottopeso. Nel quarto trimestre 2013, le banche rappresentavano circa il 26% del Ftse Mib, ma solo il 20% in media del patrimonio dei fondi. Nel 2015, quando hanno superato il 30% della capitalizzazione totale di Borsa, i money manger sono mediamente rimasti intorno al 25%.
Storicamente, si giunge alle stesse conclusioni se si guarda il più ampio paniere del Ftse Italia AllShare, che è più diversificato dell’indice delle blue chip. Tuttavia, nel 2016 la situazione è cambiata e si sono assottigliate le differenze.
Fondi e banche
“Data la concentrazione dell’indice principale, i gestori italiani hanno normalmente sottopesato il settore, pur mantenendo un’esposizione importante in termini assoluti”, spiega Francesco Paganelli, analista di Morningstar. “E’ interessante notare, tuttavia, che secondo i dati a nostra disposizione il sentiment dei gestori verso le banche sia migliorato prima della Brexit (a maggio 2016, considerando la media dei portafogli dei fondi nella categoria Azionari Italia), con un sottopeso relativo vicino ai minimi da tre anni”.
Esposizione netta al settore bancario italiano: confronto tra fondi e indici
Recessione e crisi bancaria
Il prolungato periodo di crescita economica negativa e l’inflazione a zero pesano sul settore bancario, che da gennaio 2016 ha perso oltre il 50% del suo valore (indice Ftse Italia AllShare Banks). Se è vero che gli istituti di credito italiani sono stati i più colpiti, quelli europei (e mondiali) hanno comunque accusato il colpo dei bassi tassi e di una situazione macro debole. L’indice Msci Europe Banks ha perso il 23% nel primo semestre (rispetto al -7% dell’Msci Europe), mentre l’Msci World Banks è calato del 15% rispetto ad una performance più o meno invariata del paniere globale.
Tra le principali cause del forte sell-off che ha colpito i titoli finanziari italiani, ci sono le preoccupazioni per la loro redditività e il grado di patrimonializzazione, messo a rischio dall’incidenza nei bilanci dei crediti in sofferenza. Nel primo semestre tra i titoli peggiori del listino milanese troviamo diversi istituti di credito. In effetti, tutte le banche hanno il segno meno al 30 giugno: le peggiori sono Banco Popolare (-76%), Banca Carige (-71%) e Monte dei Paschi di Siena (-69%). Anche Unicredit è stata oggetto di forti vendite, con una perdita che sfiora il 60%. Le “migliori” sono state invece Banca Mediolanum (-14%), Credito Emiliano (-18%) e FinecoBank (-19%).
Chi è più esposto…
Come si sono comportati i gestori di fronte a questa situazione? “Mentre la maggior parte dei manager che abbiamo incontrato aveva un posizionamento cauto sui nomi ritenuti più fragili (come Carige o Monte dei Paschi), è ragionevole pensare che le perdite di altri istituti (in primis Unicredit, che pesa oltre il 4% sul paniere principale ed è la seconda banca per capitalizzazione dopo Intesa Sanpaolo) abbiano avuto un impatto maggiore sulle performance”, spiega Paganelli.
In media, gli Azionari Italia hanno perso il 21% nel primo semestre 2016, ma esistono forti differenze tra le diverse strategie. Ad esempio, tra i fondi che hanno sofferto di più c’è Axa WF Framlington Italy, che ha un giudizio dei nostri analisti pari a Bronze (report di Francesco Paganelli del 6 novembre 2015) ed è tra i maggiormente esposti alle banche (circa il 30% al 31 maggio 2016). “Il gestore, Gilles Guibout, ha l’allocazione più alta della categoria al settore bancario in virtù di un posizionamento di medio-lungo termine costruito nel corso dei mesi passati, anche se in realtà la sotto-performance da inizio anno ha risentito soprattutto del sottopeso delle utilities (Hera e A2A)”, spiega Paganelli.
…e chi meno
Tra i comparti che più sono riusciti a contenere le perdite troviamo, invece, Fidelity Italy, che ha il più alto giudizio (Silver) tra i fondi della categoria coperti da Analyst rating (report di Francesco Paganelli del 14 settembre 2015). La sua esposizione alle banche è circa del 16% (dati al 30 giugno 2016). “Le scelte di allocazione settoriale, come il sottopeso del settore finanziario e il sovrappeso dei materiali di base (principalmente rappresentato dalla posizione in Tenaris), hanno giocato un ruolo fondamentale consentendo al fondo di Alberto Chiandetti di sovraperformare il benchmark e l’85% dei concorrenti dall’inizio dell’anno”, dice l’analista. “A livello di selezione titoli, specialmente tra i finanziari, il contributo è stato misto, con un effetto positivo dato dal sovrappeso di Credem (una posizione detenuta da tempo dal gestore) e Poste Italiane, bilanciato dal sottopeso di Assicurazioni Generali e dalla scommessa su Unicredit nella prima parte dell’anno”.
L’analisi dei portafogli, tuttavia, deve tenere conto che nella categoria Azionari Italia ci sono strategie differenti. Alcuni comparti replicano più o meno passivamente il proprio indice di riferimento, mentre altri hanno un focus sulle small e mid cap, un segmento dove il settore bancario pesa meno (sono proprio questi ultimi ad avere la migliore performance da inizio anno).
Leggi la sintesi del report Morningstar sulle banche italiane pubblicato il 12 luglio.
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