Il Regno Unito saluta e i mercati emergenti ringraziano. L’addio UK all’Ue sancito dal referendum del 23 giugno, infatti, potrebbe spingere molti investitori verso gli asset dei paesi in via di sviluppo. Secondo uno studio dell’Institute of International Finance (IIF, una società di analisi che monitora i flussi di investimento anche aziendali verso 25 economie emergenti, fra cui Venezuela, Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina e Libano) i flussi verso gli emergenti quest’anno potrebbero raggiungere i 550 miliardi di dollari: il doppio di quanto fatto registrare nel 2015.
A spingere in questa direzione per andare a caccia di rendimenti potrebbero essere anche le minori preoccupazioni riguardo a un rallentamento della Cina, la frenata dei paesi sviluppati e il recupero dei prezzi delle commodity.
I fondi ne approfittano
I movimenti, almeno sui fondi di investimento delle diverse categorie Morningstar dedicate alle aree in via di sviluppo, si sono già visti. Dal giorno del voto nel Regno Unito fino al 9 luglio il segmento dedicato all’Europa emerging ha guadagnato quasi il 3% (in euro). Nello stesso periodo i portafogli specializzati sull’Asia ex Japan hanno segnato +4,5%, mentre quelli concentrati sul Latam sono cresciuti più dell’8%. Gli strumenti dedicati alla Cina (la prima economia emergente del mondo) hanno segnato poco più del 5%. Più in generale la categoria Global emerging market equity ha fatto segnare un +5% secco.
Meglio gli emergenti
A leggere i numeri e le previsioni, tuttavia, viene il sospetto che la Brexit sia stato solo l’elemento in più che doveva convincere gli operatori a correre in massa incontro alle aree in via di sviluppo. Secondo un rapporto di giugno della World Bank, ad esempio, le economie emergenti quest’anno dovrebbero registrare una crescita del 3,5% contro l’1,7% atteso per le nazioni sviluppate. Ma non c’è solo questo. “Brexit potrebbe intensificare l’appetito per gli asset emerging fra gli investitori che cercano rendimenti”, spiega uno studio dell’IIF. “I tassi nei paesi maturi continuano a scendere mentre calano le speranze di una veloce ripresa. A questo va aggiunto che le maggiori banche centrali continuano a tenere un atteggiamento prudente sul costo del denaro, limitando le possibilità che ci sia un deflusso di capitali dagli emerging verso i developed”.
Ad approfittare di Brexit potrebbero essere tutti gli strumenti che hanno come benchmark di riferimento l’indice Msci Emerging Market. Dopo il voto del 23 giugno, Ubs ha aggiornato le previsioni sul paniere e ora parla di una crescita del 4-5% nel secondo semestre che dovrebbe portare il benchmark a un +10% (in dollari) rispetto all’inizio dell’anno.
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