Brexit, dati macro contradditori, alcuni attacchi terroristici e il tentato golpe in Turchia. Ce l’ha messa tutta la cronaca delle ultime settimane per scalfire la fiducia degli investitori nell’Europa. Per il momento, almeno a guardare alle performance, non sembra esserci riuscita. Ma l’allarme per quello che potrebbe succedere nella regione continua a suonare.
I fondi raccolti nelle diverse categorie Morningstar dedicate al Vecchio continente nell’ultimo mese hanno avuto tutti un andamento (in euro) positivo (si va dal +2,66% per il segmento small cap, al +5,7% per quello large cap growth). Gli investitori quando hanno letto l’ultimo World economic outlook del Fondo monetario internazionale sembrano aver dato maggiore importanza alla parte in cui si dice che la ripresa dell'Eurozona “si è di recente rafforzata”, con la domanda interna sostenuta dai più bassi prezzi del petrolio, da una politica di bilancio ampiamente neutrale e da una politica monetaria accomodante. Hanno quindi dato meno peso alle righe dove è scritto che “l'inflazione e le aspettative su questa restano molto basse”, al di sotto dei target della Banca centrale europea e “i rischi al ribasso sono in aumento”, sulla scia di “crescenti divisioni politiche ed euroscetticismo”.
Pil e rischi politici
Stando al rapporto, il Pil dell'Eurozona è atteso all'1,6% nel 2016, con un rallentamento all'1,4% nel 2017, “soprattutto a causa dell'impatto negativo del risultato del referendum nel Regno Unito” su Brexit. Nell’Outlook pubblicato ad aprile l’Fmi aveva anticipato una crescita del Pil dell'1,5% nel 2016 e dell'1,6% nel 2017. L’inflazione, sostenuta da un graduale aumento dei prezzi dell'energia, dovrebbe passare dello 0,2% atteso per quest'anno all'1,1% il prossimo. Secondo il Fondo, “i rischi al ribasso sono in aumento. Da un punto di vista esterno, un ulteriore rallentamento globale potrebbe incidere in modo negativo e fare deragliare la ripresa guidata dalla domanda. Da un punto di vista interno, i rischi sono per larga parte politici”. Ulteriori ricadute della situazione post-referendum nel Regno Unito, dell'aumento dei rifugiati e di maggiori preoccupazioni sulla sicurezza “potrebbero contribuire a una maggiore incertezza, penalizzando la crescita e ostacolando i progressi su politiche e riforme”. Altri rischi includono le debolezze del settore bancario e finanziario in alcuni paesi. “Lo studio del Fondo presenta una criticità: fa un’analisi che sembra basata più su ragioni di sentiment che non sui numeri della congiuntura”, spiega Robert Johnson, responsabile della ricerca economica di Morningstar. “Il problema è che il sentiment, di solito, è molto volatile, non riesce a fare previsioni accurate e spesso non si traduce in azioni che l’investitore può intraprendere nel mondo reale”.
Dal punto di vista macro, gli ultimi dati dicono che nel mese di luglio l’indice Pmi manifatturiero in Europa (stima flash) è sceso a 51,9 punti, dai 52,8 punti del mese precedente. Si tratta del livello più basso degli ultimi due mesi. Il dato è stato inferiore alle stime degli analisti (52,1 punti), ma comunque superiore alla soglia di 50 che divide le fasi di espansione da quelle di rallentamento.
I risultati dei due mesi, comunque, segnalano che l’economia europea è rimasta in fase di espansione, in quanto i due indici sono sopra quota 50 punti (il limite che separa le fasi di crescita da quelle di frenata).
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.