L’acciaio Usa scotta

I titoli siderurgici americani hanno corso troppo. I prezzi della materia prima sono destinati a scendere. Anche per colpa delle politiche poco chiare messe in campo dalla Cina. 

Marco Caprotti 30/08/2016 | 15:19
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Alla larga dall’acciaio americano. La corsa degli ultimi mesi dei titoli siderurgici Usa dopo un pessimo 2015 ha portato i prezzi a valori troppo alti, secondo un report di Morningstar (del 29 luglio). “Ogni azienda del settore che copriamo tratta al di sopra del fair value”, spiega l’autore Andrew Lane, analista specializzato sui materiali di base. “In particolare gli investitori dovrebbero evitare le società che operano nel segmento dei forni da fusione. Saranno le prime a subire il calo dei prezzi dell’acciaio”. Le quotazioni del cosiddetto hot rolled coil secondo le previsioni di Morningstar dovrebbero scendere del 30% rispetto ai 400 dollari/metro fatti segnare negli ultimi mesi, per poi riprendersi entro la fine del 2020. Il problema dell’indebolimento delle valutazioni, peraltro, non è un problema che riguarda solo l’acciaio. “Da almeno un decennio stiamo assistendo al calo progressivo dei prezzi dei metalli e dei minerali in genere a livello mondiale”, spiega lo studio. “Molti operatori sono convinti che si stia arrivando a una fase di stabilizzazione delle valutazioni. Secondo noi tutto il comparto registrerà ulteriori discese”.

A peggiorare la situazione, in particolare per l’acciaio, c’è poi la sovra-produzione da parte della Cina che, secondo le stime, sta mettendo sul mercato 300 milioni di tonnellate l’anno di materiale in eccesso. “Messa in prospettiva, la produzione del paese asiatico corrisponde a circa quattro volte quella Usa”, scrive Lane. “Pechino, tra l’altro, non ha nessun interesse a diminuire l’output”.

Il problema del lavoro
Il governo, infatti, ha fra le sue priorità quelle di mantenere l’occupazione e il gettito fiscale piuttosto che ottimizzare la profittabilità dei suoi impianti”. All’inizio del 2016 il governo centrale cinese aveva annunciato che avrebbe tagliato la sua produzione di 100-150 milioni di metri entro il 2020. Secondo Li Xinchuang, capo dell’istituto per la pianificazione e ricerca nell’industria metallurgica, questo avrebbe portato al licenziamento di almeno 400mila persone. Più di recente uno studio della China National Development and Reform Commission ha rivelato che tagliare 45 milioni di tonnellate metro di acciaio avrebbe portato all’eliminazione di 180mila posti di lavoro. A complicare il quadro, dal punto di vista dell’impiego ci sono i tagli alla produzione che il governo cinese sta facendo nel settore del carbone e che stanno portando al licenziamento di 700mila persone. “Ma è il quadro generale che non convince”, aggiunge l’analista. “Da una parte il governo cinese annuncia di voler tagliare la produzione. Dall’altra continua a dare incentivi alle autorità locali. Le stesse che dovrebbero occuparsi dei tagli nelle diverse regioni”. Il risultato è che, anche quando e dove ci sono delle riduzioni di produzione, vengono aperte nuove aziende siderurgiche che, di fatto, lasciano invariata la situazione. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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