“Picking up pennies in front of a steamroller”. E’ un modo di dire usato in finanza per indicare chi fa investimenti pur sapendo di ottenere bassi rendimenti con il rischio di rimanere schiacciato dallo scoppio di una bolla. E’ anche la frase usata da un famoso multi-manager per spiegare il perché preferisse restare liquido piuttosto che investire in bond governativi del Regno Unito. Scrivendo queste parole sul mio taccuino, in attesa di riportarle ai miei colleghi una volta in ufficio, ricordo di aver annuito. Era l’anno 2011, i titoli di stato britannici rendevano il 3,5% e si apprestavano a regalare rendimenti medi dell’8% nei successivi cinque anni.
Nessuno strumento d’investimento ha diviso l’opinione degli investitori come le obbligazioni governative. Per molti gestori i titoli di stato hanno rappresentato un asset da evitare, perché preda di bolle speculative, per altri, data la correlazione negativa con l’equity, una componente irrinunciabile nella composizione di un portafoglio.
Al momento la metafora degli spiccioli davanti al rullo compressore sembra quanto mai rappresentativa della realtà, con i decennali britannici che rendono poco meno dell’1% ma che comunque hanno un rischio potenziale molto alto. Per quale motivo, dunque, un investitore dovrebbe comprare bond governativi?
In generale i titoli di stato a dieci anni sono negativamente correlati con le azioni large-cap. Possono esserci dei periodi nei quali i due asset si muovono nella stessa direzione, come è successo nel 2013, ma in un orizzonte temporale di lungo periodo essi tendono a seguire strade divergenti. Rappresentano quindi uno strumento molto importante per i fund manager, poiché garantiscono all’investitore un rapporto rischio-rendimento superiore e la possibilità di limitare la volatilità del portafoglio.
Tale comportamento è stato confermato anche in contesti di bassi tassi di interesse. Nel terzo trimestre del 2015 e nei primi tre mesi del 2016, infatti, si è registrata la caduta del mercato azionario e il contemporaneo apprezzamento dei titoli del reddito fisso.
Perché investire in titoli governativi
Un'altra caratteristica dei bond governativi è quella di dare copertura contro il rischio di drawdown. Una ricerca condotta dagli analisti del team Morningstar Investment Management dimostra, sulla base di dati dal 1975 ad oggi, come i titoli governativi a lunga scadenza offrano una protezione molto più elevata rispetto ad altri asset del mercato del reddito fisso.
A parte la ricorsività storica, gli investitori devono guardarsi anche dall’impatto di variabili macro. La crisi nel Medio Oriente, le prossime elezioni negli Usa, la generosa politica monetaria della Banca centrale cinese e il recente voto sull’uscita dall’Unione europea del Regno Unito, sono tutti fattori da tenere in considerazione.
Dallo scoppio della crisi finanziaria in poi, le Banche centrali di tutto il mondo hanno promosso politiche monetarie espansive per stimolare la crescita dell’economia e dell’inflazione. Così, ogni volta che i dati indicano un rallentamento della congiuntura, il mercato inizia a scontare la possibilità di nuove iniezioni di liquidità. E di conseguenza il valore dei titoli governativi scende.
Esiste, quindi, la necessità di bilanciare i vantaggi propri della diversificazione del portafoglio con il rendimento nominale dei titoli governativi che è prossimo allo zero. In questo momento, infatti, i decennali britannici rendono meno dell’1%, quelli statunitensi non arrivano all’1,60%, mentre quelli tedeschi sono addirittura negativi. In un’ottica di investimento a sé stante, invece, accontentarsi di una performance così bassa avrebbe senso solo in un contesto di stagflazione (forte deflazione e decrescita economica).
Questi sono i fattori che hanno spinto il Portfolio Management team di Morningstar a ridurre per due volte, quest’anno, l’esposizione al mercato obbligazionario governativo, in continuità con il trend degli ultimi anni. Al momento la percentuale del patrimonio investita in titoli di stato è ai minimi storici. Nel 2010, ad esempio, la ripartizione consigliata dagli analisti era: 25% bond e 15% liquidità. A inizio 2016 le quote investite in titoli di stato e cash, sono passate rispettivamente a 14% e 20%, mentre ora le proporzioni sono 12% e 22%.
Valutazioni di mercato troppo alte
Per ogni attività finanziaria, Morningstar stima un fair value (FV) in base alle previsioni di lungo periodo degli analisti. Questi numeri sono calcolati scontando i flussi di cassa futuri di questi titoli e correggendo il valore attuale per il rischio e l’incertezza. Il rapporto tra il prezzo corrente e il FV, poi, mostra se l’asset in questione è scambiata a sconto o a premio.
Al momento, ad esempio, i decennali britannici sono i più costosi dell’intero paniere di titoli di stato analizzati da Morningstar. Secondi solo agli index-linked bond del Regno Unito.
Tornando alle scelte di asset allocation del portfolio manager, possiamo dire che il gestore avrebbe ottenuto rendimenti superiori al mercato negli ultimi sei anni se avesse continuato a mantenere un’esposizione media ai titoli governativi del 25%. Dato, quindi, il loro rapporto Prezzo/Fair value possiamo concludere affermando che la componente dei titoli di stato, all’interno dell’economia del portafoglio, è più utile come protezione contro l’eccessiva volatilità delle Borse, piuttosto che come fonte di reddito in sé.
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