Il record dei nuovi fondi è nei flussi. Secondo le statistiche di Morningstar, dall’inizio dell’anno hanno attratto 175 miliardi di euro nel Vecchio continente. A confronto, il dato dei comparti a cinque stelle, i migliori per profilo di rischio/rendimento corretto per i costi, fa impallidire: 25,7 miliardi.
La novità, le mode, ma anche le politiche commerciali dei distributori possono essere tra le ragioni di questo successo. Ma gli investitori possono dirsi sempre soddisfatti? In fondo, acquistano avendo poche informazioni a disposizione: manca uno storico dei rendimenti e del profilo di rischio, non dispongono di rating indipendenti o di dettagli sul portafoglio.
Misure del successo
In un report dal titolo The rise and the fall of new funds, Lee Davidson, responsabile della ricerca quantitativa di Morningstar, ha analizzato 57 mila fondi in tutto il mondo (lanciati dal 2005) per capire come mai alcuni nuovi fondi hanno lunga vita mentre altri non riescono a sopravvivere nel tempo. Dal punto di vista dell’investitore, il successo è stato misurato come un più alto profilo di rischio/rendimento nei successivi 36 mesi (coerentemente al modello dello star rating); da quello del gestore, come maggiori flussi all’interno della categoria sempre nei tre anni.
Meglio i low cost
Quali sono stati i principali risultati? Innanzitutto, i costi si sono rivelati una variabile importante. I nuovi fondi con commissioni alte hanno un profilo di rischio/rendimento peggiore. All’interno delle categorie azionarie e bilanciate, essere cari può pesare fino al 3% in termini di performance (0,57% per gli obbligazionari). Gli investitori, tuttavia, spesso non considerano prioritario questo fattore nella decisione di acquisto, prestando più attenzione al gestore, al brand o alle caratteristiche del prodotto. Se si abbassa di un solo percentile l’indicatore di spesa di un fondo, infatti, si ottiene un decremento marginale della raccolta (0,02-0,03%).
Il peso di alte commissioni sui nuovi fondi
Trasparenza e qualità
Ha più influenza sui flussi la trasparenza dei portafogli. Gli investitori mostrano di apprezzare il fatto che la società pubblichi tali dati entro il primo anno di vita e li aggiorni successivamente. Un altro indicatore rilevante per i sottoscrittori è il fatto che il gestore detenga quote del fondo. In questo caso, si registra sia un miglioramento del profilo di rischio/rendimento sia una raccolta più elevata della media. Si giunge a risultati analoghi se si considera il fatto che il fund manager abbia conseguito la certificazione CFA, superando una serie di esami, in quanto è considerata una garanzia di qualità e competenza.
Concorrenza e quote di mercato
Diversi fattori possono minare il successo di un nuovo fondo. Tra i principali, c’è la competizione interna. Lo studio rivela che quando le società passano dal lancio di molti fondi per la stessa attività finanziaria a pochi strumenti, i flussi di un singolo fondo migliorano in media del 16,4% per gli azionari, del 9,6% per gli obbligazionari e del 16,2% per i bilanciati. Per una piccola casa di investimento, inoltre, è difficile diventare popolare nei segmenti dove un’altra più grande controlla gran parte del mercato. Quest'ultima ha a disposizione più risorse e una rete distributiva più strutturata, che generano un importante vantaggio competitivo.
Dove sbaglia l’investitore
Dal canto loro, anche gli investitori sbagliano perché inseguono il mercato e le mode. Ad esempio, acquistano i fondi che hanno in pancia titoli che si sono apprezzati molto, riducendo così le possibilità di ottenere buone performance future. Questo comportamento pone le società davanti a una scelta: cavalcare la moda e quindi raccogliere molto nel breve a discapito dei risultati futuri oppure pensare nel lungo periodo accontentandosi di flussi più modesti nell’immediato, ma più duraturi perché, a parità di altre condizioni, supportati da migliori profili di rischio/rendimento?
Infine, chi pensa che lanciare o acquistare un fondo azionario in una fase di alta volatilità e quotazioni del petrolio in calo sia una follia, sbaglia. Lo studio mostra, infatti, che questi prodotti tendono o battere la media nei successivi tre anni in termini di rischio/rendimento, grazie alla loro flessibilità, che gli permette di cogliere opportunità e aggiungere valore. Per contro, le stesse scelte avrebbero un impatto limitato su un fondo di grandi dimensioni. Il discorso non vale nel reddito fisso, dove i grandi operatori sono avvantaggiati sia nell’accesso alle nuove emissioni sia nei prezzi delle transazioni.
Per scaricare il report completo pubblicato a luglio 2016, clicca qui.
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