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Il ritorno del rischio politico

Il continente europeo, ancora scosso dal risultato del referendum britannico, dovrà fare i conti con diverse scadenze politiche che potrebbero minare la stabilità dei mercati. Ecco le variabili da tenere d’occhio.

Valerio Baselli 19/10/2016 | 09:56
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Un fantasma si aggira per l’Europa: la possibilità, sempre più concreta, che l’incertezza politica possa destabilizzare la debole ripresa economica e trasformarsi in volatilità elevata sui listini azionari. Il Vecchio continente, infatti, sta vivendo una fase travagliata e le prossime scadenze elettorali potrebbero mettere a nudo la fragilità del sistema.

E gli investitori sembrano esserne consapevoli. I fondi e gli Etf dedicati alle azioni europee hanno registrato tra luglio e settembre oltre 21 miliardi di euro di deflussi netti, nonostante il rally dei mercati che ha fatto seguito ai ribassi subito successivi al voto sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea: nello stesso periodo, l’indice Morningstar Europe NR è salito del 24,7% e tutti i principali mercati domestici del Vecchio continente hanno segnato performance positive.

In principio fu la Brexit
Ad aprire la voragine è stato il risultato, inatteso, del referendum britannico. Non tanto per le conseguenze nel breve termine (a parte la caduta della sterlina, a quasi quattro mesi del voto si può affermare che non ci siano stati grossi terremoti sui mercati, grazie soprattutto all’azione della Banca centrale europea), ma piuttosto sulle possibilità che tale decisione apre nel medio-lungo periodo.    

Sui mercati dell’Eurozona, infatti, la Brexit non dovrebbe avere grosse conseguenze, anzi, “quasi irrilevanti” secondo l’ultima analisi di Goldman Sachs. E anche sulla Borsa di Londra, gli effetti saranno limitati, visto che il 70% circa dei profitti delle aziende facenti parte del FTSE 100 proviene dalle attività estere. I problemi si faranno invece più seri per l’economia reale britannica, ma non subito, probabilmente nel corso dell’anno prossimo, dopo che la procedura di uscita (il famoso articolo 50) verrà ufficialmente intrapresa.

Paura Italia
Le paure legate allo shock Brexit, quindi, sono fortemente rientrate negli ultimi due mesi. Sarà forse anche per questo che ora i timori si rivolgono a un altro referendum, quello costituzionale che si terrà il 4 dicembre in Italia, paese storicamente molto più fragile del Regno Unito e che potrebbe risentire di un esito negativo.

“Se dovesse vincere il ‘no’ rischierebbe di aprirsi un periodo di instabilità politica e i mercati potrebbero tenere da subito in conto anche la possibilità che l’Italia esca dall’Unione europea”, si legge in un’analisi a cura di Legg Mason. “Lo spread dei titoli di Stato italiani resta comunque sostenuto dalla politica di acquisiti da parte della Banca centrale europea; siamo pronti a aumentare la nostra esposizione se gli spread dovessero allargarsi ulteriormente, ma il rischio rappresentato dall’esito del referendum ci suggerisce una gestione prudente e tattica”.

Sono dello stesso avviso gli analisti di Bnp Paribas, secondo cui “la vittoria del ‘no’ sarebbe negativa per i mercati, in quanto provocherebbe forti dubbi sull’atteso processo di riforme in Italia e renderebbe il governo più debole, il che si trasformerebbe in forte volatilità sui listini”. L’insediamento di Matteo Renzi a capo del governo, infatti, era stato ben accolto dai mercati, tanto che si era parlato a suo tempo di “luna di miele” tra gli investitori e il premier. Ma alle aspettative devono seguire i fatti e se ora il percorso di riforme dovesse subire una brusca frenata, le cose cambierebbero in fretta e in parte sono già cambiate, proprio a causa dell’incertezza intorno al risultato del voto. Gli analisti di Bnp, comunque, non prevedono elezioni anticipate, anche nel caso arrivassero le dimissioni di Renzi.

Francexit, enigma Merkel e caos Spagna
L’Italia, tuttavia, non è l’unica fonte di preoccupazione. Nei prossimi 12 mesi diversi paesi europei saranno chiamati alle urne. La partita si gioca soprattutto in Francia (aprile 2017) e in Germania (ottobre 2017), paesi cardine dell’Eurozona, dove la possibilità di cambiamento dei vertici è concreta e dove si è registrato un significativo aumento dei consensi verso i partiti populisti ed euroscettici.

In questo senso, gli occhi saranno puntati soprattutto su Parigi, dove il Front National è in testa a tutti i sondaggi come primo partito del paese. Marine Le Pen è data come vincitrice al primo turno, ma perdente al secondo, contro chiunque sia (difficilmente sarà contro l’attuale presidente François Hollande, definito come il più impopolare della storia). Se però dovesse farcela, Le Pen ha già promesso di indire un referendum sulla permanenza o meno della Francia nell’Ue, e a quel punto la disintegrazione dell’Unione potrebbe diventare una possibilità concreta.

Anche dall’altra parte del Reno le idee anti Europa e anti immigrazione stanno riprendendo piede, con il giovane partito di estrema destra AfD che ha fatto molti passi in avanti nei sondaggi, anche se resta quasi impossibile una sua salita al potere l’anno prossimo. “In Germania ci sono rischi molto bassi di vedere la vittoria di un partito estremista”, afferma in una nota Azad Zangana, economista di Schroders. Con ogni probabilità l’attuale coalizione (CDU/CSU di Angela Merkel e i Socialdemocratici di Sigmar Gabriel) dovrebbe proseguire, eventualmente con l’innesto dei Verdi, nel caso i sondaggi dovessero continuare a mostrare una perdita di consensi. Molto però dipende dalle intenzioni dell’attuale cancelliere, la cui assenza potrebbe spostare gli equilibri. “Bisogna ricordare che la Merkel non ha ancora annunciato l’intenzione di proseguire oltre l’attuale mandato – spiega Zangana –  Le attese sono in tal senso, ma se dovesse decidere di concludere la sua esperienza di governo, i sondaggi potrebbero abbandonare il CDU/CSU, nel caso in cui non trovassero un candidato la cui popolarità sia almeno una frazione di quella di Merkel”.

Infine, c’è il caso emblematico della Spagna, dove gli elettori saranno chiamati quasi certamente a votare per la terza volta in un anno, a quanto sembra poco prima di Natale. La prima volta è stata il 23 dicembre 2015, ma ne uscì un Congresso frammentato in quattro tronconi: il Pp, il Psoe, e i due nuovi movimenti Podemos e Ciudadanos. I popolari erano ancora primo partito, ma senza alleati per arrivare a un numero sufficiente per formare la maggioranza. Così la Spagna è dovuta tornare al voto lo scorso 26 giugno, ma il risultato è stato quasi identico, con il Pp che ha incrementato del 5% i propri voti, ma ancora senza maggioranza. Il Congresso ha di nuovo negato la fiducia a Mariano Rajoy e ora si attende la decisione del re Felipe VI, il quale ha dichiarato di voler aspettare la fine di ottobre per vedere se eventualmente i partiti riescano a trovare un accordo. In caso contrario, a oggi il più probabile, si tornerà a votare.

Occasioni per chi osa
L’accumulo di tutti questi elementi potrebbe avere un effetto negativo sui listini finanziari europei. Tuttavia, i prossimi appuntamenti politici possono aprire opportunità per chi ha appetito per il rischio. 

“I mercati sono particolarmente vulnerabili nell’attuale periodo di crescita debole”, si legge in una nota a cura di Nadège Dufossé, responsabile dell’asset allocation di Candriam Investors Group. “Pensiamo che l'incertezza a livello politico resterà elevata in Europa. Questo potrebbe incidere sulla fiducia delle imprese, specialmente per quanto riguarda le decisioni di investimento. Detto ciò, abbiamo anche constatato che uno shock di mercato può presentare opportunità interessanti se le Banche centrali applicano il modello della crisi finanziaria aprendo i rubinetti per fornire liquidità sufficiente a mitigare i fattori negativi”. E in questo senso, il rally di mercato post Brexit può servire da esempio.

“Nella fattispecie, riteniamo che l’attuale premio al rischio associato ai titoli azionari europei sia in gran parte spiegato dal livello di incertezza politica”, prosegue Dufossé. “Secondo noi, la serrata agenda dei mesi a venire non dovrebbe consentire una diminuzione stabile del premio al rischio europeo”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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