La democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump pari sono? Dovrebbero esserlo per gli operatori di mercato che hanno una visione di medio e lungo periodo e che di solito non si fanno influenzare nelle loro scelte di investimento da quello che sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. La teoria, tuttavia, si scontra con la pratica di una corsa alla Casa Bianca molto combattuta in cui si fronteggiano un candidato che porta avanti le classiche istanze democratiche (più spesa per i servizi sociali e maggiori investimenti in istruzione, sanità ed energie pulite) e un repubblicano che su temi come commercio e social security ha posizioni più protezionistiche e oltranziste di quelle del suo partito.
Il testa a testa
“Storicamente, le performance di mercato, negli anni delle elezioni presidenziali hanno avuto un andamento vario. Questo suggerisce che siano le valutazioni e l’attività economica a determinare la direzione dei listini, più che le scelte degli elettori per l’inquilino della Casa Bianca”, spiega Christine Benz, responsabile dell’analisi sulla finanza personale di Morningstar. Il problema, in questa tornata elettorale, è che i profitti aziendali non sono solidi come molti analisti speravano mentre le valutazioni non sono particolarmente a sconto (secondo le analisi Morningstar il rapporto price fair value dell’equity Usa è di 0,98). “In una situazione del genere il mercato potrebbe reagire male a un risultato a sorpresa”, dice Benz.
I sondaggi sulla corsa per la presidenza, non aiutano a chiarire la situazione. L’ultimo, svolto dalla Cnn, mostra come negli stati in bilico (quelli che l'8 novembre saranno decisivi per l'elezione del presidente), ci siano stati dei cambi di fronte, soprattutto in favore di Trump. Clinton continua ad essere avanti in Pennsylvania, un feudo importante che sin dall'inizio il candidato repubblicano ha cercato di conquistare. Inoltre sta migliorando molto in Florida dove è avanti con il 49% dei consensi contro il 47% di Trump. Il miliardario invece ha ribaltato la situazione in Nevada (49% contro 43%) dove fino a metà ottobre vinceva Clinton. Invece guida i sondaggi di cinque punti in Arizona. Per la survey elaborata dal Washington Post-ABC News il candidato repubblicano vanta un 46% di preferenze, tante quante quelle emerse nel rilevamento precedente. Clinton raccoglie altrettanti voti (1% in più di prima). “Di solito i dati che arrivano dai sondaggi fanno in modo che gli investitori non siano colti di sorpresa. In questa tornata elettorale, tuttavia, non è escluso che qualcosa possa accadere”.
La lente sul Congresso
Se ne parla poco, ma l’8 novembre gli americani voteranno anche per il rinnovo del Congresso. Ed è già capitato che un presidente di un partito si sia trovato a fare i conti con una maggioranza ostile. Lo sa bene il presidente uscente Barack Obama che dal 2010 alla Camera e dal 2014 al Senato ha avuto a che fare con una maggioranza repubblicana che gli ha bloccato molte riforme importanti.
Le scelte operative
“Gli investitori non dovrebbero escludere la possibilità di uno shock nel giorno delle elezioni che potrebbe far scendere il valore delle azioni”, dice Benz. “L’errore da non fare è quello di azzerare la parte equity dei portafogli. Tuttavia sarebbe opportuno fare un po’ di ribilanciamento, vendendo una parte dei titoli che hanno corso di più per orientarsi su asset più sicuri. La durata e l’ampiezza del rally che stiamo vedendo fa pensare che molti operatori abbiano un peso in azioni superiore a quello che avevano inizialmente voluto”.
Nel frattempo gli uffici studi delle banche d’affari studiano i possibili scenari. “Una vittoria dei democratici probabilmente avrebbe scarsi effetti sui mercati valutari e azionari”, spiega una nota firmata da Mark Dampier, responsabile della ricerca sugli investimenti di Hargreaves Lansdown. “Il successo dei repubblicani probabilmente provocherebbe un calo delle azioni che si rifletterebbe a livello globale. Una discesa del 10% creerebbe delle opportunità di acquisto”.
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