Cosa hanno in comune la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali Usa e il sì degli inglesi all’uscita del Regno Unito dall’Ue? Secondo alcuni economisti l’origine è la stessa: l’aumento della disuguaglianza nei redditi.
Il perchè di Brexit
Carlo Altomonte, Professore Associato di Economia dell’Integrazione Europea all’Università Bocconi, ha cercato di illustrare il fenomeno del voto di protesta della classe media nel suo intervento alla Morningstar Investment Conference (MIC) di Milano dell’otto novembre partendo al voto UK. Le ragioni di Brexit, secondo Altomonte, non sono da cercare nella paura della popolazione per la crescita del fenomeno dell’immigrazione, ma nel deterioramento delle condizioni economiche in molte regioni del paese. Il grafico n.1, che mette in relazione la percentuale di chi ha votato a favore dell’uscita dall’Ue e quella relativa alla quota di immigrati sulla popolazione totale, dice che nelle aree con una più alta presenza di stranieri (che quindi avrebbero dovuto esprimere un voto di protesta) la maggioranza degli elettori ha scelto di restare nell’Ue.
Grafico n.1: Voto favorevole a Brexit e tasso di immigrazione
Fonte: “The Trade Origins of Nationalist Protectionism: Import Competition and Voting Behavior in Western Europe”, Paper a cura di Colantone e Staning (2016)
Il grafico n.2 mette in relazione la percentuale di voti favorevoli all’uscita del Regno Unito dall’Ue con gli effetti negativi che l’import dalla Cina ha prodotto nelle diverse regioni del Regno Unito: nelle aree in cui questo fattore è stato maggiore, in termini di riduzione del benessere, la popolazione che ha deciso di votare per il sì è stata più alta. Dai numeri, dice quindi Altomonte, emerge che non è lo straniero a far paura, ma il rischio di non riuscire a sbarcare il lunario.
Grafico n.2: Voto favorevole a Brexit e impatto dell'import cinese
Fonte: “The Trade Origins of Nationalist Protectionism: Import Competition and Voting Behavior in Western Europe”, Paper a cura di Colantone e Staning (2016)
A supporto di questa tesi c’è anche il dato relativo alla crescita della disuguaglianza del reddito. Il grafico n.3 illustra come sono cambiati i rapporti di forza all’interno della società britannica negli ultimi trent’anni (fino al 2011). La linea verde disegna l’evoluzione del rapporto tra il reddito dell’1% della popolazione più ricca e quello guadagnato del restante 99%, quella azzurra mostra quello tra la classe media e il 10% dei contribuenti più poveri mentre la rossa confronta il livello del reddito sotto il quale sta il 90% della popolazione con quello guadagnato dal 50esimo percentile. Emerge, dunque, che dalla fine degli anni ’90 la condizione dell’1% della popolazione sia migliorata in maniera significativa, mentre quella della classe media abbia imboccato una parabola discendente all’indomani della crisi del 2008.
Grafico n.3: Disuguaglianza del reddito nel Regno Unito
Fonte: "Income inequality in the UK" (Jonathan Cribb, Institute for Fiscal Studies)
A conferma di come sia aumentata la disuguaglianza all’interno della società britannica, il grafico n.4 mostra come negli anni che vanno dal ’98 al 2009 il 10% più povero della popolazione abbia visto calare di oltre il 10% il proprio reddito medio, mentre quello guadagnato dal decimo percentile della popolazione più ricca ha registrato un incremento di oltre il 35%.
Grafico n.4: Variazione del reddito nel Regno Unito dal 1998 al 2009
Come si spiega il voto americano
Quest’analisi può spiegare anche l’esito del voto americano? Il grafico n.5 mostra come l’indice di Gini (un indicatore che misura con valori da 0 a 100 il grado della disuguaglianza del reddito all’interno dei paesi) negli Usa sia aumentato significativamente negli ultimi 10 anni.
Grafico n.5: Indice di Gini negli Usa
Fonte: U.S. Department of Commerce
Il grafico n.6, invece, mette a confronto la crescita del reddito dell’1% più ricco della popolazione negli ultimi sei anni con quella registrata dal restante 99% degli americani. I primi hanno visto aumentare le proprie disponibilità del 7,7% (in verde scuro), un miglioramento pari a circa il doppio rispetto a quello registrato dal resto del paese (in verde chiaro).
Grafico n.6: Crescita del reddito dell’1% più ricco della popolazione Usa
Fonte: U.S Internal Revenue Service, Statistics of Income division, 2016
La mappa seguente, che descrive il tasso di disuguaglianza negli Stati Uniti (le tonalità più scure di verde indicano una maggiore disparità nella distribuzione del reddito) può spiegare il risultato elettorale negli stati della Pennsylvania, del Michigan e della Florida, dove i democratici hanno vinto nelle ultime due tornate elettorali e che Trump è riuscito a strappare sovvertendo i pronostici. Si può notare come le tre regioni siano accomunate da un livello medio-alto di disuguaglianza del reddito. La Florida, in particolare, presenta in molte aree il valore più alto dell’indice di Gini (tra il 46% e il 64%).
Grafico n.7: Mappa Usa indice di Gini
Fonte: U.S Census Bureau, 2006-2010
E in Europa?
Tale fenomeno è destinato a ripresentarsi anche in altri paesi? Probabilmente si, è la risposta di Altomonte. I dati presentati dall’economista nel suo intervento alla MIC evidenziano l’esistenza della relazione tra l’impoverimento della classe media nei paesi sviluppati (il Grafico n.7 mostra come il loro reddito sia calato del 10% tra il 1988 e il 2008, mentre quello dell’1% più ricco della popolazione è salito del 50%) con l’aumento dei consensi elettorali dei partiti cosiddetti populisti in giro per l’Europa (il Grafico n.8 evidenzia come sia aumentato il numero dei loro rappresentanti nel Parlamento europeo).
Grafico n.7: Variazione del reddito nei diversi percentili della popolazione mondiale
Fonte: "Quale via d'uscita per l'UE dopo Brexit?", Carlo Altomonte
Grafico n.8: Crescita dei consensi dei partiti populisti in Europa
Fonti: Demoskop;MEtroscopia; Deutsche Bank; Ipsos MORI; Forsa; Electograph.com; Politiko.dk; YouGov; European Parliament; party websites; The Economist
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