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Attenti all’indigestione da emerging bond

La carta nella pancia dei fondi dedicati ai diversi tipi di investimento nei paesi in via di sviluppo ha un rating basso. Da inizio anno, i fondi si sono comportati bene. Ma i rischi legati alle valute, alle tensioni politiche e ai default restano. 

Marco Caprotti 23/11/2016 | 09:40
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“Non ci si può rifiutare di mangiare solo perché c’è il rischio di restare soffocati”. Seguendo lo stesso principio espresso da questo proverbio cinese, non sarebbe stato saggio, quest’anno, evitare i fondi specializzati nei bond dei paesi emergenti solo perché, mediamente, hanno in pancia carta con rating non sempre tranquillizzanti. Un po’ di prudenza, tuttavia, non guasta.

Gli strumenti compresi nelle diverse categorie Morningstar dedicate agli emerging bond hanno un merito di credito pari a BB. In pratica sono di qualità medio bassa: la capacità di rimborso è incerta in presenza di avverse condizioni di mercato. Nel lungo periodo potrebbe anche non essere garantita, specie in caso di situazioni economiche non favorevoli.

Prendere un po’ di rischio, tuttavia, sta pagando. Da gennaio il segmento dedicato ai global emerging market corporate bond ha guadagnato (in euro) l’11,5%. A seguire si è piazzato il comparto degli emerging market globali (+10,46%, dedicato ai governativi emessi in dollari). In terza posizione c’è il segmento per i government epressi in valuta locale (+8,75%). Poi è la volta dei corporate con copertura in euro (+7,37%) seguiti dai government coperti dalla moneta unica (+7,27%). In ultima posizione si sono piazzati i prodotti dedicati alle zone in via di sviluppo dell’Europa (+1,8%). L’analisi del max drowdown, tuttavia, mostra che tutti i segmenti devono ancora fare un po’ di strada prima di recuperare dai massimi toccati fra il 2013 e il 2014.

catembond

“Ci sono diversi elementi che in questi anni stanno giocando a favore delle categorie emerging bond”, spiega Karin Anderson, analista di Morningstar. “I fondamentali di molti paesi che fanno parte di questi universi stanno migliorando; le performance di lungo periodo sono buone; i rendimenti sono alti; danno benefici in termini di diversificazione”. Detto questo, la parola d’ordine deve restare “prudenza”, soprattutto alla luce dei rischi legati alle esposizioni valutarie, agli eventi geopolitici e alla possibilità di default (soprattutto nel segmento corporate, ma non solo).

I rischi
L’esposizione alla currency è particolarmente delicata. L’andamento negativo delle valute dei mercati emergenti ha condizionato i rendimenti dell’indice JPM GBI EM Global diversified (che fa da benchmark alla maggior parte degli strumenti della categoria Global Emerging market local currency) nel 2008, nel 2011, nel 2014 e per una parte del 2015. “La scelta fra valuta forte o locale dipende dalla tolleranza al rischio dell’investitore”, dice Anderson. Il secondo gruppo, in particolare, è interessante se si hanno prospettive di lungo periodo e non va bene per quegli investitori che possono avere bisogno di capitale nel breve periodo. La volatilità di breve, infatti, potrebbe erodere il rendimento”.

Non vanno sottovalutati nemmeno i rischi politici. I fondamentali di queste regioni possono cambiare velocemente in occasioni di turbolenze sociali o di eventi inaspettati. Basta guardare cosa è successo a un paese developed come il Regno Unito dopo il referendum per uscire dall’Ue che ha colto di sorpresa i mercati e ha fatto precipitare i prezzi dei bond di sua maestà (la categoria dedicata ai government UK da inizio anno ha perso per strada più del 6,7%).

Il pericolo di bancarotta, inoltre, deve essere tenuto sempre in considerazione. “Soprattutto nel segmento corporate”, dice l’analista di Morningstar. “Molti paesi emergenti su questo argomento hanno una legislazione oscura che può rendere difficile il rimborso nel caso di un default”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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