Meglio fare spazio a un po’ di salute in portafoglio. È vero che il segmento, a livello di categoria Morningstar non ha dato grandi soddisfazioni quest’anno (-9,27% in euro da inizio anno) rispetto, ad esempio, al 2015 (+17,29%). “Ma nel settore ci sono opportunità interessanti che sarebbe un peccato farsi sfuggire”, spiega Laura Lallos, analista di Morningstar. “Le società farmaceutiche e biotech continuano a fare la politica di prezzi che più gli conviene, le fasi di ricerca e sviluppo procedono a pieno ritmo e l’ondata di fusioni e acquisizioni non pare volersi arrestare”.
Dal punto di vista operativo, tuttavia, il suggerimento dell’analista è quello di non tuffarsi mani e piedi nel comparto salute. “La concentrazione settoriale è sempre un’operazione rischiosa”, spiega Lallos. “Considerando che l’healthcare è un settore tipicamente growth, in questo caso è meglio puntare su fondi che abbiano una buona diversificazione geografica e che abbiano in pancia una quota fra il 20% e il 25% di società farmaceutiche. Il tutto unito a buoni rating che, pur non dando garanzie sulle performance future, sono comunque indici di buone gestioni che possono essere ripetute nel tempo”.
Chi crede nella salute
Fra gli strumenti venduti in Italia con queste caratteristiche, c’è Comgest Growth Europe R EUR Acc (quattro stelle Morningstar, Analyst rating: Gold). Il settore healthcare ha un peso del 24% sul totale del portafoglio contro una media di categoria inferiore al 18%. La decisione di guardare con interesse a questo settore non è nuova. Titoli come Novo Nordisk e Roche sono presenti in portafoglio rispettivamente dal 2007 e dal 2002. Una delle caratteristiche dello strumento è la sua bassa volatilità, fattore che ha dimostrato soprattutto a cavallo del periodo del referendum che ha portato a Brexit.
Un altro fondo che ha fatto dell’healhcare un segmento da seguire con attenzione è Fidelity European Dynamic Growth E-Acc-EUR (quattro stelle, Analyst rating: Bronze). Il gestore, in questo caso, ha un approccio molto selettivo che lo porta ad evitare le società troppo grandi che, secondo lui, hanno in pipeline prodotti che, a causa delle legislazioni troppo stringenti in alcune regioni, rischiano di non arrivare sul mercato. Anche per questo portafoglio l’healthcare non è una moda passeggera. Novo Nordisk, ad esempio, è una scelta che risale al 2008, mentre Grifols è entrata fra gli asset a fine ottobre 2011.
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