L’anno passato ha riservato alcune sorprese notevoli. E non si tratta solo degli avvenimenti politici imprevisti ma, soprattutto, della risposta dei mercati finanziari ad essi. Pochi avrebbero predetto che in un anno in cui il Regno Unito ha votato per lasciare l'Unione europea e gli Stati Uniti hanno eletto una star dei reality show come presidente, i mercati azionari sarebbero stati positivi. Quali lezioni si possono quindi trarre dagli eventi del 2016?
La macroeconomia e la politica influenzano i mercati nel breve periodo
La macroeconomia ha indubbiamente influenzato i mercati nel 2016, come hanno dimostrato il rally post-Brexit e i movimenti sulla scia del risultato elettorale degli Stati Uniti. Inoltre, la Brexit avrà una vera e propria influenza su alcune aziende britanniche che commerciano con l'Europa, il che non può essere ignorato.
Tuttavia, gli investitori non dovrebbero sopravvalutare il ruolo della macroeconomia e della politica sui mercati i quali, per la maggior parte, sono stati sostenuti da un’economia globale che ha continuato ad avanzare, anche se lentamente, dietro le quinte.
Kevin Murphy, gestore azionario di Schroders ha scritto di recente che “la previsione macroeconomica non solo è molto difficile, ma spesso non aiuta, in quanto il mercato può muoversi totalmente al contrario di quanto si crede appropriato”.
Murphy fa notare che, anche se gli investitori avessero previsto la vittoria di Trump e il voto per la Brexit, sarebbe stato estremamente improbabile un massiccio movimento verso i titoli azionari, eppure il mercato ha avuto bisogno solo un paio di settimane per riprendersi dalle perdite post-referendum, e nemmeno un giorno per digerire la notizia di Trump alla Casa bianca, prima di ripartire nella sua marcia verso i massimi storici.
In altre parole, anche se un investitore avesse previsto tutto correttamente, probabilmente non avrebbe azzeccato le conseguenze. Con questo in mente, gli investitori dovrebbero prendere in considerazione la lezione numero due.
Rimanere investiti
Molti consulenti finanziari hanno dovuto resistere alle richieste dei loro clienti di spostare tutti i loro beni fuori dal mercato azionario prima del voto sulla Brexit.
Will Hobbs, responsabile della strategia di investimento nel Regno Unito e in Europa per Barclays Wealth e Investment Management, ha commentato: “I risparmiatori farebbero meglio a ignorare la moltitudine di teste parlanti e fare in modo di essere investiti in una vasta gamma di attivi ben diversificati. I dettagli del futuro, nel bene e nel male, ci sfuggiranno sempre. Ma nel tempo, l'ottimismo e il fatto di essere sul mercato, tendono a ricompensare”.
Il vero significato di probabilità
I sondaggi sono stati in realtà abbastanza precisi nella fase di preparazione del voto Brexit. Il 13 giugno, il Financial Times dava il campo di chi voleva uscire in piccolo vantaggio - 46% contro il 44%. Anche negli Stati Uniti, i sondaggisti sono stati all'interno del margine di errore del 2-3%. Come invece gli investitori hanno reagito è stata un’altra storia.
Il problema è stato l'interpretazione dei risultati. Nel periodo che ha preceduto il voto sulla Brexit, i mercati sono stati altamente selettivi nei sondaggi in cui hanno scelto di credere, spingendo il listino azionario del Regno Unito (e la sua valuta) sempre più in alto. In ogni caso, voler prendere una posizione netta su un risultato binario si rivela spesso una strategia perdente.
Il vero significato di rischio
Gli ultimi mesi del 2016 potrebbero essere l'inizio della fine di un rally durato 30 anni per le obbligazioni. Gary Potter, co-responsabile del team multi-manager di BMO Asset Management, sottolinea come molti siano impreparati per questo cambiamento: “Un portafoglio a basso rischio di un anno fa poteva avere circa il 60-70% nel reddito fisso. Durante questo periodo il rendimento del Gilt a 10 anni ha variato tra il 2% e lo 0,5%; il vero rischio oggi è la perdita di capitale”.
Potter sottolinea inoltre che alcune delle aree che potrebbero essere considerate più difensive hanno invece segnato delle perdite nel 2016. I fondi a rendimento assoluto sono, in media, a malapena in territorio positivo per l'anno, mentre i fondi immobiliari hanno preso un duro colpo con la Brexit. Le aziende di tipo “growth” sono diventate così care che gli investitori hanno cercato la sicurezza a tutti i costi e hanno iniziato a vendere verso la fine dell'anno.
Come conclude Kevin Murphy di Schroders, “la sicurezza deriva dal prezzo che si paga, non dalle dinamiche alla base delle aziende che si acquistano”.
La politica monetaria ha i suoi limiti
Il “paradosso della parsimonia” è un concetto elaborato dall’economista John Maynard Keynes per descrivere una situazione in cui gli individui diventano insensibili ai tassi di interesse. Continuano a cercare di risparmiare durante i periodi di debolezza economica, perché non si sentono abbastanza sicuri di prendere denaro in prestito, anche se a buon mercato. Questo rende la politica monetaria meno efficace, perché la domanda di credito si disaccoppia dal livello dei tassi di interesse.
Esattamente quello che abbiamo visto quest’anno, sia a livello privato che aziendale. Allo stesso modo, i tassi di interesse negativi hanno avuto conseguenze non intenzionali, portando addirittura a tassi ipotecari più elevati in alcuni casi. Questo porterà probabilmente, se non la fine, almeno al rallentamento del grande esperimento di politica monetaria espansiva visto dopo la crisi finanziaria globale.
Infine, di tutti gli insegnamenti del 2016, ce n’è forse uno che è il più importante. Nick Sheridan, responsabile dell’azionario europeo di Henderson conclude: “In linea di massima dovremmo sempre fermarci a pensare prima di agire. Questo è stato particolarmente importante quest’anno con i mercati spesso guidati dal sentimento, piuttosto che dalla logica o dai dati”.
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