Quella che nel resto d’Europa è una categoria residuale di fondi, i Bilanciati altro, in Italia è una delle più importanti. In essa, Morningstar colloca i comparti a scadenza e a cedola che hanno un portafoglio misto di obbligazioni e azioni e che non sono classificabili in altre categorie “tradizionali” perché hanno un ciclo di investimento di durata predefinita (ad esempio, cinque anni).
Nel 2016, i fondi italiani di questo tipo hanno raccolto più di ogni altra categoria: +4,56 miliardi di euro secondo le stime di Morningstar (il dato è per difetto in quanto non considera i comparti lussemburghesi delle sgr italiane). A questo dato vanno aggiunti gli 80,57 milioni dei comparti obbligazionari fixed term, che hanno le stesse caratteristiche ma non investono in azioni.
Strategie eterogenee
I fondi a scadenza hanno la particolarità di prevedere una finestra di collocamento iniziale e una scadenza a una data futura, quasi sempre dopo cinque anni; al termine della quale la società di gestione può decidere di farli confluire in un altro fondo o trasformarli in un monetario. Sono, inoltre, caratterizzati da una commissione di collocamento e spese per il rimborso anticipato; oltre ai costi di gestione e, spesso, a quelli di performance. Le società emettono diverse tranche nel corso del tempo con la stessa strategia, ma scadenze differenti.
Morningstar non attribuisce il rating a causa della eterogeneità delle strategie all’interno della categoria e i suoi analisti hanno più volte espresso un giudizio negativo su questi prodotti, per i costi elevati e non sempre trasparenti e perché possono essere facilmente utilizzati nel modo sbagliato dagli investitori (ad esempio, uscendo prima della scadenza). Morningstar ha analizzato questo fenomeno in passato e i risultati sono contenuti nell’articolo di Francesco Paganelli del 23 giugno 2016, dal titolo “C’è una scadenza nel bilanciato italiano”.
Chi ha raccolto di più sui fondi a scadenza
A questa tipologia di prodotti è riconducibile gran parte della raccolta dei fondi di diritto italiano nel 2016, in particolare per quanto riguarda Eurizon Capital, ma anche Euromobiliare ed Amundi, che sono tra le società di gestione che hanno avuto i flussi netti più alti in termini assoluti (relativamente al mercato domestico).
Secondo le stime di Morningstar, i comparti bilanciati a scadenza domiciliati in Italia che hanno raccolto di più nel 2016 sono gli Epsilon difesa attiva (con le scadenze di luglio, settembre e dicembre 2021). Sommando le tre tranche, i flussi netti sono stati di circa 2,2 miliardi. L’obiettivo della gestione, si legge nella scheda informativa, è una “moderata crescita del capitale investito” e la riduzione al minimo delle “probabilità di perdita superiori all’obiettivo di protezione” (in pratica, la società prevede un valore protetto della quota, che viene definito su diversi intervalli temporali). Questo non significa, però, che a scadenza sarà garantita la restituzione del capitale. L’orizzonte temporale raccomandato è di cinque anni, durante i quali il portafoglio sarà investito in azioni, obbligazioni, strumenti monetari e valute anche diverse dall’euro, con la possibilità di impiegare i derivati non solo per finalità di copertura. Le commissioni di collocamento sono del 2,5%, a cui si aggiungono quelle di rimborso anticipato (che funzionano in maniera speculare, riducendosi all’avvicinarsi della scadenza), di gestione e di performance.
Il mix che piace
Se i fondi a scadenza continuano a rappresentare la “storia” principale dell’industria italiana del gestito, non sono però il tutto. A differenza del resto d’Europa, i fondi obbligazionari domestici hanno chiuso con una raccolta netta negativa (-2,8 miliardi). Le strategie più popolari, invece, sono state quelle bilanciate, non solo a scadenza, ma anche tradizionali.
Al primo posto, in base ai dati Morningstar, c’è Anima Sforzesco (4 stelle), un bilanciato prudente, tra i più longevi dell’industria italiana (la classe A è partita nel 1985). Nel 2016, i flussi netti stimati sono stati di 809 milioni e a fine anno il patrimonio ha sfiorato i 5,4 miliardi. Dalla fine del 1999, il gestore è Gianluca Ferretti, il quale spiega: “Il comparto può spaziare su tutte le asset class (azioni, obbligazioni corporate e governative e valute), per cui è stato possibile gestire i nuovi capitali senza problemi, anche perché i mercati su cui operiamo sono molto liquidi”.
Come è posizionato il portafoglio per il 2017? “Prevediamo uno scenario di maggiore crescita economica globale e aumento dell’inflazione”, continua il gestore. “Per questo motivo, sovrappesiamo le azioni rispetto al nostro indice di riferimento e manteniamo un sottopeso di duration per quanto riguarda la componente obbligazionaria. La liquidità è impiegata sia per controllare il rischio tassi, sia per abbassare la volatilità complessiva e cogliere eventuali opportunità che si presentino sul mercato”.
Banche e reti
Sui bilanciati più “tradizionali” ha costruito gran parte della raccolta BancoPosta Fondi, che è la società di gestione che ha avuto i flussi netti più alti sui comparti di diritto italiano nel 2016. La sgr del gruppo Poste Italiane, cosi come le case che fanno capo a grandi gruppi bancari (Intesa Sanpaolo per Eurizon Capital, gruppo Credem per Euromobiliare, ecc.) ha come principale canale di distribuzione ai risparmiatori quello degli sportelli. Questo però non è l’unico per il mercato italiano nel suo complesso: circa il 36,5% della raccolta dei fondi (italiani ed esteri), infatti, è realizzata attraverso le reti di promotori finanziari (dati di Assoreti a dicembre 2016).
Morningstar non censisce i dati di flussi per i singoli fondi a livello di paese, ma guardando alle statistiche di Assogestioni (che comprendono anche le case estere associate che forniscono tali informazioni), la distribuzione della raccolta sulle diverse attività finanziarie è più simile al resto d’Europa se si considerano tutti i canali distributivi (banche e reti), con gli obbligazionari protagonisti nel 2016 (+18,8 miliardi su un totale di 35,5 miliardi dei fondi a lungo termine).
Morningstar calcola i flussi netti stimati (Estimated net flow) come differenza tra patrimonio finale ed iniziale nel periodo considerato, dedotta la componente di mercato.
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