Quale sportivo non desidera correre e allenarsi in un parco verde pulito e non inquinato? Quanti sciatori vorrebbero rivedere sulle Alpi le nevicate abbondanti di un tempo, che oggi sono più scarse a causa del surriscaldamento del globo? L’investitore può avere obiettivi analoghi, ossia un portafoglio che rispetti l’ambiente, la società, i lavoratori e le regole di buon governo.
Un tempo confinata nell’ambito delle sensibilità personali, oggi la sostenibilità sta diventando sempre di più parte integrante delle scelte di portafoglio, al pari della ricerca di cibo bio o di prodotti ecologici. Anche in questo caso, come nelle alle decisioni di investimento, occorre metodo e disciplina.
I vantaggi di essere green
Sempre più aziende includono i fattori di responsabilità sociale nelle loro strategie d’affari e un numero crescente di studi dimostra che c’è una correlazione tra attenzione a questi aspetti e miglior qualità della gestione, maggior crescita e minor costo del capitale. Inoltre, sono in aumento le emissioni dei cosiddetti green bond, titoli che finanziano progetti di efficienza energetica, trasporti non inquinanti, fonti rinnovabili, ecc. e delle obbligazioni per lo sviluppo sostenibile. Il 24 gennaio, ad esempio, il governo francese ha collocato il primo titolo di stato green per un controvalore di 7 miliardi di euro con scadenza nel 2032. Più di recente, la Banca Mondiale ha lanciato sul mercato italiano due emissioni decennali per promuovere lo sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà.
Fondi a bassa CO2
Negli ultimi anni, anche le società di gestione sono entrate con determinazione nell’arena della finanza sostenibile. Il cambiamento climatico è uno dei temi più caldi, come testimonia la proliferazione di fondi ed Etf (Exchange traded fund) cosiddetti low carbon. Ne sono un esempio Amundi ETF Msci World Low carbon (quotata anche in Borsa italiana) e BNPP Easy Low carbon 100 Europe (disponibile sull’Euronext). Entrambi replicano panieri di titoli a minor intensità di carbonio rispetto ai benchmark tradizionali. Il primo è globale; il secondo europeo.
“Abbiamo lavorato con Msci per il lancio di una serie di indici Low carbon leaders, che offrono una copertura contro il risk carbon piuttosto che sovrappesare l’energia pulita o settori specifici”, spiega Vincenzo Sagone, Responsabile ETF & Indexing Business Unit di Amundi Sgr. In pratica, mettono al riparo dai rischi legati a regolamentazioni future che potrebbero penalizzare i titoli “più inquinanti” proprio perché sono meno esposti alle aziende con le emissioni e le riserve di combustibili fossili più elevate.
L’ambiente non è solo nei prodotti
Tra i fondi a gestione attiva, il tema del cambiamento climatico è presente soprattutto tra quelli specializzati sulle energie alternative e sull’ecologia. Ma in alcuni casi l’impegno va oltre il lancio dei prodotti. Il gruppo BNP Paribas, ad esempio, si è dato degli obiettivi sfidanti dopo COP21, la conferenza di Parigi in cui 195 paesi hanno sottoscritto un accordo per contrastare il surriscaldamento del pianeta. Ad esempio, ha deciso di finanziare solo progetti e aziende che rispettino i più alti standard ambientali, raddoppiare i suoi sforzi sulle energie rinnovabili, trovare soluzioni di mobilità sostenibile e ridurre le proprie emissioni di CO2 di un ulteriore 17% da qui al 2020.
Un rating per la sostenibilità
Nonostante l’universo dei fondi con esplicito mandato socialmente responsabile rimanga piccolo, è in crescita il numero di società che inseriscono degli esperti di ESG nei team di gestione. Il Morningstar Sustainability Rating, attribuito a tutti i comparti (non solo quelli SRI) può aiutare gli investitori a scegliere i migliori da questo punto di vista, senza dover rinunciare alla diversificazione di portafoglio (il giudizio non è attribuito agli obbligazionari governativi e ai fondi per quali si ha una copertura di titoli inferiore al 50%). Di seguito pubblichiamo la lista di quelli disponibili in Italia con 5 globi e un Analyst Rating pari a Gold o Silver.
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