L’industria europea dei fondi inizia il 2017 con il piede sull’acceleratore. Secondo l’ultimo Morningstar asset flow report, a gennaio sono entrati 33,2 miliardi di euro nei fondi a lungo termine, il livello mensile più alto da luglio 2015. Protagonisti sono stati ancora una volta i comparti obbligazionari (+16,86 miliardi), seguiti dai bilanciati (+7,29) e dagli alternativi (+3,14). Questi ultimi si sono ripresi dopo il magro +404 milioni di dicembre.
Gli azionari voltano pagina
I cambiamenti più interessanti riguardano, però, i fondi azionari. A gennaio, si stima una raccolta netta di 3,36 miliardi, in crescita rispetto all’1,2 miliardi di dicembre. L’asset class sembra essersi lasciata alle spalle i forti deflussi che hanno caratterizzato il 2016 (-86 miliardi), causati dall’uscita dalle gestioni attive (quelle indicizzate, invece, hanno chiuso con il segno più). L’inversione riguarda soprattutto questo approccio, che ha ottenuto 2,75 miliardi di sottoscrizioni nette a gennaio.
Secondo le stime di Morningstar, è stato un mese record anche per i fondi monetari: +30,5 miliardi, di cui la gran parte è andata in prodotti domiciliati in Francia (29,78 miliardi). Si tratta della somma più alta dal 2007, quando è cominciata la raccolta di tali dati.
A caccia di valore
Gli investitori hanno preferito le attività finanziarie più rischiose, come gli high yield e il debito emergente. Tra gli azionari, i maggiori flussi sono andati verso gli internazionali large cap blend, mentre hanno sofferto i fondi specializzati sulle Borse europee e americana con uno stile growth, a causa della rotazione verso i titoli value, e quelli con focus sui dividendi.
Ancora multi-strategy
Continua ad essere una storia di successo quella degli alternativi multi-strategy. A gennaio, hanno raccolto quasi 1,7 miliardi netti, portando il tasso organico di crescita (flussi in percentuale del patrimonio iniziale) degli ultimi dodici mesi al 21,6%, il più alto tra le categorie Morningstar. A beneficiarne, tuttavia, sono state poche case di gestione, tra cui Invesco Perpetual e Goldman Sachs.
Un discorso analogo vale per i bilanciati flessibili: gran parte dell’1,38 miliardi netti entrati a gennaio sono andati a prodotti di Flossbach von Storch, M&G ed Eurizon Capital.
Fuori dai corporate
Sul fronte opposto, i deflussi hanno colpito soprattutto gli obbligazionari corporate e diversificati in euro. Per quanto riguarda i primi, le case di gestione più penalizzate sono state Parvest (gruppo BNP Paribas), BlueBay e BankInvest; per i secondi Pioneer Investments ha pagato il prezzo più alto, dopo le vicende che hanno interessato il team di reddito fisso.
E’ stata negativa anche la raccolta degli azionari emergenti, dopo il buon andamento complessivo del 2016. UBS è stata la più penalizzata (-280 milioni), ma anche Russell e Vontobel hanno sofferto, mentre Comgest e JPMorgan si sono mosse controcorrente.
Chi sale e chi scende
La classifica delle società di gestione è variata rispetto a dicembre. Al primo posto per flussi netti si è collocata Amundi, con +2,4 miliardi, il livello più alto da maggio 2015, grazie soprattutto alla raccolta in Francia sui comparti obbligazionari a breve termine e protetti. Seconda è Pimco (+2,1 miliardi), che continua a beneficiare della popolarità del Pimco Gis Income (+1,2 miliardi a gennaio).
Tra le case di investimento italiane, Eurizon Capital, che ha chiuso il 2016 al primo posto per raccolta in Europa, ha terminato gennaio quinta, continuando a trarre vantaggio dal collocamento dei fondi a scadenza. Aletti Gestielle, invece, è terza tra quelle con i più alti deflussi (-888 milioni). Restringendo il campo ai soli fondi di diritto italiano, Eurizon Capital è sempre prima per flussi netti a gennaio, seguita da BancoPosta. Terza è Etica Sgr con 72 milioni entrati nei suoi fondi con mandato responsabile.
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