Quando è meglio presentarsi a una debuttante di Borsa? Il primo giorno di quotazione quando tutti, sedotti dagli alti prezzi di collocamento (che suggeriscono un alto valore futuro) la corteggiano? O conviene aspettare qualche seduta quando la nuova arrivata, magari, avrà perso un po’ del suo fascino?
Sulla questione esistono diverse scuole di pensiero. Uno studio firmato da Jay Ritter, professore di finanza all’Università della Florida, ha analizzato i dati di oltre 8mila Ipo (Initial public offering) avvenute in America fra il 1980 e il 2015. Dal report viene fuori che il rendimento medio dato dai titoli appena sbarcati in Borsa, il primo giorno di contrattazione è stato del 18%. Lo studio, tuttavia, ha concluso anche che gli stessi titoli (acquistati il primo giorno di quotazione) in un arco temporale di tre anni hanno sottoperformato il mercato.
“Se è vero che questo è il trend generale, è altrettanto certo che le società non sono tutte uguali. Nemmeno fra le debuttanti”, spiega Karen Wallace, analista di Morningstar. “Per questo bisogna ragionare caso per caso. Il sistema migliore per evitare di rimanere scottati con un titolo caldo che sta arrivando in Borsa è quello di avere un’idea del reale fair value delle azioni dell’emittente e non essere disposti a pagare più di quella cifra”. Facile, almeno in teoria. Ma è difficile se si considera come si stabiliscono i prezzi di una Ipo.
Come funzionano i prezzi delle Ipo
Di norma il prezzo a cui viene annunciato lo sbarco in Borsa di una società non è mai quello di aperura il primo giorno di contrattazione. Questo a causa di una procedura che precede l’arrivo sulla piazza finanziaria. La società che vuole andare sul mercato dei capitali di solito si affida a uno o più intermediari (underwriter nel gergo della finanza). Tipicamente sono banche d’affari che hanno il compito di parlare con i loro clienti (investitori istituzionali, fondi, fondi pensione, hedge fund e così via) per stimolare il loro interesse e stabilire un prezzo di offerta. A quel valore poi questi investitori professionali acquistano delle quote prima del debutto. Nel momento in cui la società si presenta sul mercato, quindi, (cioè quando arrivano i risparmiatori), una parte delle quote sono in mano a operatori qualificati. A quel punto a fare il prezzo è il rapporto fra la domanda del mercato e l’offerta delle azioni che sono ancora disponibili. Se ce ne sono poche il prezzo sale. Se uno degli istituzionali che ha acquistato prima del debutto vende, invece, il prezzo scende.
Qual è il fair value?
Per arrivare al fair value, Morningstar utilizza il modello chiamato Discounted cash flow (flussi di cassa a sconto). Il valore intrinseco di una società (cioè il suo fair value) è uguale alla cassa che il business può generare nel futuro. Ma i soldi guadagnati dall’azienda oggi per gli investitori sono più importanti rispetto a quelli che può fare un domani quando possono intervenire elementi imprevedibili. Proprio per tenere conto di questi elementi imperscrutabili (e quindi per essere prudenti), si applica uno sconto al fair value. “La nostra stima di fair value è indipendente dalle quotazioni del momento. E questo vale sia per le debuttanti che per le veterane del mercato”, spiega Wallace. “Secondo noi un’azione è interessante quando tratta a sconto rispetto alle nostre stime di fair value. Nel caso di una Ipo, per ottenere le informazioni cruciali bisogna consultare attentamente le informazioni contenute nel prospetto informativo e nei bilanci”.
Debuttanti a confronto
Un esempio di società che poteva valere la pena acquistare il giorno del debutto è MasterCard che ha esordito a Wall Street il 25 maggio del 2006. Il prezzo dell’Ipo era di 39 dollari e ha aperto a 40,30. “Secondo noi le azioni della società valevano almeno il doppio”, spiega l’analista. “Eravamo convinti che MasterCard fosse ben posizionata per approfittare della rivoluzione digitale nei pagamenti. Aveva e ha ancora un giudizio relativo al Moat pari ad Ampio”. Il primo giorno di contrattazione il titolo è salito del 18%. In 10 anni ha dato un rendimento (annualizzato) del 27,2%.
Storia diversa per Facebook, sbarcata sul mercato il 18 maggio 2012 a un prezzo di 38 dollari. Ha aperto a 42, per poi chiudere a 38,23 (+0,6% rispetto al prezzo di collocamento). In tre anni ha dato un rendimento (annualizzato del 26,7%). “Secondo noi il titolo all’epoca valeva 32 dollari”, dice Wallace. Per il resto di quell’anno ha viaggiato al di sotto del suo valore di collocamento. Il minimo toccato il 18 settembre 2012 sarebbe stato un ottimo momento per acquistare il titolo. Nel corso degli anni abbiamo aumentato le nostre stime di fair value mano a mano che la società ha dimostrato di saper utilizzare la sua grande base di utenti per attrarre forti investimenti in pubblicità online”
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