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Il rischio delle strategie a bassa volatilità

I titoli ad alto dividendo, le industrie più difensive e le large cap tendono ad essere più sensibili alle variazioni dei saggi di riferimento rispetto a low-yield, ciclici e small cap. Ma avere in portafoglio strumenti di questo tipo migliora il profilo di rischio/rendimento.

Sara Silano 22/03/2017 | 09:28
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Il rischio-tassi non riguarda solamente i titoli obbligazionari, ma anche le azioni. Quando i saggi di interesse salgono, come sta accadendo negli Stati Uniti, tutte le attività finanziarie devono cercare di aumentare i rendimenti per continuare ad attrarre gli investitori. Il reddito fisso è il caso più emblematico, perché prevede un flusso cedolare stabilito e una scadenza; di conseguenza l’aggiustamento avviene interamente sui prezzi. Per le azioni, il rapporto è meno evidente, tuttavia la sensibilità ai tassi è correlata positivamente alla stabilità del cash flow, per cui le aziende meno volatili risentono maggiormente delle fasi restrittive di politica monetaria.

Le fasi del ciclo
I tassi di interesse tendono a salire durante le fasi espansive del ciclo economico e a scendere in quelle recessive perché uno degli obiettivi fondamentali delle Banche centrali è quello di tenere sotto controllo l’inflazione. Un discorso analogo vale per i profitti delle aziende: quelle più sensibili alla congiuntura hanno una crescita più pronunciata dei flussi di cassa nei periodi espansivi e una maggiore contrazione quando la domanda è debole. Questo trend annulla gli effetti benefici del taglio dei tassi.

Secondo alcuni studi di Morningstar, i titoli ad alto dividendo, così come le industrie più difensive e le aziende a larga capitalizzazione tendono ad essere più sensibili alle variazioni dei saggi di riferimento rispetto a low-yield, ciclici e small cap. Cosa accade se applichiamo lo stesso principio ai fondi e agli Exchange traded fund a bassa volatilità? Negli ultimi anni, sono stati lanciati prodotti di questo tipo, che fanno parte della più ampia famiglia degli strategic beta (o smart beta). Questi strumenti sono accomunati dall’intento di voler migliorare il profilo di rendimento o di rischio rispetto ai benchmark tradizionali. In base alla classificazione Morningstar, si contano una ventina di Etf low volatility quotati su Borsa italiana, cui si aggiungono i fondi tradizionali che rientrano in categorie diverse, in prevalenza alternative.

Strategie a bassa volatilità e tassi
Gli indici di riferimento possono essere assai diversi tra loro. Ad esempio l’S&P 500 low volatility ha in portafoglio le 100 aziende dell’S&P 500 che negli ultimi dodici mesi sono state meno volatili, senza vincoli settoriali. L’Msci Usa minimum volatility, invece, utilizza un approccio più complesso che considera sia il rischio dei singoli titoli sia l’interazione tra essi e adotta una serie di vincoli che lo rendono meno sensibile ai tassi, perché ha una minore esposizione ai settori difensivi. Un’analisi condotta da Alex Bryan, responsabile delle strategie passive di Morningstar, mostra che entrambi gli indici tendono a fare peggio del Dow Jones US total stock nei periodi di crescita dei saggi di riferimento e meglio in quelli di discesa (l’intervallo di tempo considerato va da dicembre del 1990 a fine 2016). Per contro le azioni più volatili si comportano in modo diametralmente opposto, come indicato dall’andamento dell’S&P 500 High beta (vedi tabella 1).

Confronto tra indici MSCI low volatility e High beta

Un miglior profilo di rischio/rendimento
Mettere in portafoglio strumenti low volatility, tuttavia, rimane una buona scelta per gli investitori di lungo periodo. “Queste strategie resistono meglio ai ribassi delle Borse", dice Bryan. “Nonostante la sensibilità ai tassi, sono meno ballerine rispetto al resto del mercato. Queste caratteristiche pongono le basi per migliori risultati corretti per il rischio nel tempo”.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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