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Mifid 2: impatti della product governance e dell’investor protection sulla ri-profilazione dei clienti

Pubblichiamo un intervento dell’avvocato Luca Zitiello, managing partner dello Studio Legale Zitiello e Associati, sulla nuova disciplina in tema di informazioni e ri-profilazione della clientela prevista dalla direttiva europea che entrerà in vigore il 3 gennaio 2018.

Autore esterno 24/03/2017 | 09:32
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E’ vero che le novità contenute nella Mifid 2, pur molto significative, non hanno una portata così profondamente impattante e radicale, come quelle che contraddistinsero l’introduzione della Mifid 1 nel 2007. Ciò nonostante alcune di esse comporteranno un ispessimento delle tutele per gli investitori obbligando il sistema a modificare le regole di comportamento nei confronti del pubblico.

Un esempio in tal senso è rappresentato dalla nuova disciplina in tema di informazioni che dovranno essere ricevute dalla clientela e, conseguentemente, dall’inevitabile processo di ri-profilazione che dovrà essere posto in essere dagli intermediari abilitati sui singoli clienti.

Fonti normative
I riferimenti normativi sono costituiti essenzialmente dall’art. 25, paragrafi 2 e 3 della Mifid 2, dagli artt. 54 e seguenti del regolamento delegato UE della Commissione ancora nel suo testo non definitivo del 25 aprile 2016 C(2016) 2398 final oltre che, in tema di product governance, dagli artt. 9, 16 e 24 della Mifid 2 e dagli att. 9 e 10 della Direttiva delegata della Commissione ancora nel suo testo non definitivo del 7 aprile 2016 C(2016) 2031 final. A ciò si aggiunge poi il Consultation paper sulla product governance messo in pubblica consultazione dall’Esma il 6 ottobre 2016.

Il nuovo questionario della clientela
L’impianto normativo rimane ancorato all’applicazione delle categorie dell’adeguatezza e dell’appropriatezza a seconda che si tratti dei servizi di consulenza finanziaria e di gestione patrimoniale individuale, da un lato, e di servizi di investimento diversi dall’altro, anche se, sotto un profilo terminologico, si assiste ad una mutazione, per fortuna nel solo testo tradotto in italiano e non nella versione inglese, rispettivamente, del termine di adeguatezza in idoneità e di quello di appropriatezza in adeguatezza con una certa confusione rispetto al glossario usato sino ad ora.

Le valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza insistono entrambe come dato comune sulla conoscenza ed esperienza del cliente, concetti questi che conservano a loro volta una propria autonomia concettuale.

Tale dato peraltro risulta confermato dal citato documento di consultazione sulla product governance dove si aggiunge che conoscenza ed esperienza in alcuni casi dipendono l’una dall’altra nel senso che la maggiore presenza dell’una può compensare la minore significatività dell’altra.

Il giudizio di appropriatezza ha un valore dinamico dovendo essere correlato alla natura del cliente, ai servizi da fornire ed al tipo di prodotto od operazione previsti. Per la conoscenza ci si affida ad un giudizio di dimestichezza del cliente rispetto a tipi di servizi, operazioni e strumenti finanziari, mentre l’esperienza dovrà far riferimento non solo alla natura di operazioni effettivamente già eseguite dal cliente, ma anche al loro volume e alla frequenza al fine di rendere il dato più efficace ai fini del processo valutativo.

Viene poi confermata l’importanza di dati soggettivi del cliente già presenti nei questionari come il livello di istruzione e la sua professione, ivi compresa, se pertinente, la sua ex professione.

Passando a considerare gli elementi che supportano la valutazione di adeguatezza rilevano gli obbiettivi di investimento e la situazione finanziaria.

La Mifid 2 recepisce una serie di indicazioni già avanzate nell’attuale regime dall’Esma e precisa che gli obbiettivi di investimento includono le preferenze in materia di rischio, il profilo di rischio, la tolleranza al rischio, le finalità di investimento e la definizione del periodo di tempo nel quale il cliente desidera conservare l’investimento (il c.d. holding period).

Le informazioni sulla situazione finanziaria comprendono la fonte e la consistenza del reddito del cliente, gli attivi, ivi inclusa la liquidità, gli investimenti, i beni immobili e gli impegni finanziari.

Se poi si guarda alla disciplina della product governance si nota come da essa emerga un elemento ulteriore nella definizione del profilo del cliente: i suoi bisogni. Proprio la caratterizzazione dei client’s needs consente l’assunzione di un dato ritenuto fondamentale della targettizzazione del mercato.

Si tratta di un’importante novità: si passa da un processo di valutazione di idoneità degli investimenti secondo una prospettiva one to one, ossia legata alla adeguatezza degli investimenti al singolo cliente, a quella one to all, dove invece si ha a riferimento alla idoneità del processo di selezione dei prodotti e del processo distributivo nei confronti di target di mercato pre-identificati.

Ecco dunque che la valutazione di adeguatezza evolve. Non basta assicurare la mera idoneità del portafoglio rispetto al profilo del cliente, ma verificare che quei prodotti siano corrispondenti agli effettivi bisogni della clientela. Come dire: si passa dal I can al I like.

L'articolo è stato redatto da Luca Zitiello, avvocato e managing partner dello Studio Legale Zitiello e Associati.

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Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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