Usa a fine corsa. I dati economici certificano il rallentamento della congiuntura e le valutazioni dei listini indicano come le occasioni di investimento siano sempre più scarse. In ottica di diversificazione del portafoglio è impossibile escludere la regione dall’asset allocation, dicono gli analisti, ma bisogna muoversi con prudenza per non cadere in trappole di valore.
I settori che hanno trainato la ripresa dell’economia statunitense, come quello auto, aerospaziale ed energetico sono in costante contrazione dal 2015 e anche altri importanti driver dei consumi come la spesa in ristorazione e sanità hanno imboccato da qualche anno una parabola discendente (Figura 1).
Figura 1: Andamento consumi negli Usa
I fondamentali spiegano le valutazioni
Il calo dei consumi privati, che rappresentano circa il 70% del Pil americano e contribuiscono per il 109% alla crescita dello stesso (il contributo della bilancia commerciale è negativo poiché le importazioni sottraggono ricchezza, Figura 2), è la principale causa del calo del tasso di crescita dell’economia, che dal quarto trimestre del 2015 viaggia su livelli inferiori al 2,1% (tasso medio registrato durante la recente fase di ripresa del ciclo, Figura 2). Le previsioni per i prossimi trimestri, dicono gli analisti di Morningstar, non indicano alcuna variazione sul tema, dato che il progressivo aumento del tasso di inflazione e il contestuale assottigliamento dell’espansione dei salari medi continueranno a ridurre il reddito a disposizione delle famiglie statunitensi. Questo spiega perché gli analisti prevedono per gli Usa un rendimento del capitale a 10 anni molto più basso rispetto alla media dei paesi sviluppati e di quelli emergenti (Figura 3).
Figura 2: Crescita del Pil Usa
Figura 3: Rendimenti attesi nei prossimi 10 anni
La ripresa dell’economia americana è stata, infatti, molto più veloce rispetto a quella dei Paesi del Vecchio continente e i risultati si sono visti nel diverso andamento dei listini azionari. Negli ultimi cinque anni il rendimento medio del mercato americano è stato superiore al 15%, più alto di quello europeo che si è mantenuto sotto il 10%, e questo andamento si è tradotto in un progressivo aumento del rapporto Prezzo/Fair value dei titoli a stelle e strisce (Figura 4).
Figura 4: Rapporto Prezzo/Fair value stock Usa
Negli ultimi 12 mesi i settori finanza, materie prime, manifatturiero ed energetico hanno registrato performance elevate e questo spiega perché, insieme a quello delle utility, siano i comparti scambiati ai prezzi più elevati (vedi la percentuale di titoli scambiati a premio in Figura 5). Nonostante ciò, anche in questi segmenti di mercato non mancano le occasioni di investimento.
Figura 5: Percentuale titoli a sconto per settore
Occhio alle valutazioni
Il titolo MSCI, ad esempio, ha guadagnato il 41% nello stesso periodo (+135% negli ultimi tre anni) e nonostante gli analisti riconoscano all’azienda una forte posizione di vantaggio all’interno del settore è scambiato su valori di circa il 30% più alti rispetto al suo fair value che è pari a 79 dollari (report aggiornato al 4 maggio 2017).
Una delle ultime opportunità di investimento tra le banche americane è invece rappresentata da Wells Fargo che al momento mostra un rapporto Prezzo/Fair value di 0,80. “L’istituto di credito riesce a realizzare margini di profitto superiori alla media per effetto di un vantaggio di costo rispetto ai competitor e la risalita dei tassi di interesse promette di trainare la crescita del fatturato nei prossimi cinque anni”, dice Jim Sinegal analista azionario di Morningstar.
Le società attive nel comparto delle materie prime hanno beneficiato della ripresa economica che ha alimentato la crescita della domanda di commodity e il loro conseguente apprezzamento. L’americana Alcoa ha tratto vantaggio dal trend positivo delle quotazioni dell’alluminio e il valore della sua capitalizzazione di mercato è salita di oltre il 40% portando il rapporto P/FV a 1,41.
In controtendenza, invece, è stato l’andamento del titolo Compass Minerals, che negli ultimi 12 mesi ha ceduto il 14% a causa del negativo andamento della domanda di sale. “Grazie all’efficienza e alla produttività delle sue miniere, il gruppo statunitense riesce a estrarre la materia prima a costi più bassi rispetto ai competitor. Tuttavia, l’inverno particolarmente mite nella regione nord-americana ha pesato negativamente sui conti aziendali”, dice Seth Goldstein di Morningstar. “Nei prossimi cinque anni ci aspettiamo che grazie a una crescita media del prezzo del sale tra il 2% e il 3% il fatturato della società salga a un ritmo dell’11% e stimiamo un fair value è pari a 88 dollari per azione (report aggiornato al 5 maggio 2017)”.
Tra gli energetici, HollyFrontier ha largamente sottoperformato la media cedendo l’11% nell’ultimo anno, e questo ha fatto scendere il rapporto Prezzo/Fair value a quota 0,57 rendendo il titolo una delle migliori occasioni di investimento del comparto. Nonostante l’ampio numero dei suoi centri di raffinazione e il loro posizionamento geografico, che garantisce un vantaggio di costo rispetto ai competitor, il gruppo statunitense ha pagato il negativo andamento del segmento della raffineria, che va in sofferenza quando il divario delle quotazioni del barile tra WTI e Brent si assottiglia.
Dall’altra parte Marathon Petroleum ha registrato una delle performance migliori tra i titoli energy guadagnando oltre il 60% negli ultimi 12 mesi spinta dal significativo miglioramento dei suoi conti. Il gruppo vanta una posizione di vantaggio, frutto della sua capacità di raffinare greggio a costi più bassi rispetto ai competitor, ma al momento le sue azioni sono scambiate su valori in linea con il fair value (pari a 60 dollari, report aggiornato al 28 aprile 2017).
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