Ammesso che sia una virtù, la coerenza non sembra essere una caratteristica del mercato Usa. Almeno quando si parla di investimenti value e growth. Una teoria comunemente accettata dice che i primi sono una buona difesa nelle fasi di ribasso dei listini, mentre i secondi sono adatti per sfruttare i periodi di rally delle Borse. Ma è veramente così? “Abbiamo analizzato le ultime cinque fasi di mercato Toro e quelle Orso e il risultato ci ha stupito”, spiega Kevin McDevitt, analista di Morningstar che studia le strategie equity. “I titoli growth (raccolti nel Russell 3000 Growth Index) hanno battuto i value in tre delle ultime cinque correzioni. I value, invece, hanno superato i growth in tre delle ultime cinque fasi di rialzo, compresa quella in corso. Il risultato dell’equity si è trasferito anche ai fondi di investimento”.
Le fasi di alternanza
Il discorso vale anche ragionando a livello di settori. Quello energetico è stato il segmento migliore nel Bull market del 2003-2007 con un rendimento annualizzato del 31,1% (in dollari), grazie soprattutto alla crescita del prezzo del petrolio. I materiali di base hanno fatto bene nel 2009-2011 e nel periodo che va dal 2016 ad oggi. “Non è un caso che, quest’ultimo, sia il settore in questo momento più sopravvalutato”, dice McDevitt. A questo punto viene naturale chiedersi quante volte il settore che ha corso di più durante una fase discendente si sia comportato bene in quella seguente di rialzo. “Non è mai successo”, spiega l’analista. “Almeno per quanto riguarda gli ultimi cinque cicli di Orso/Toro”. La domanda però si può ribaltare: quante volte il settore peggiore in una fase Bull è stato il migliore in un periodo Bear. “Questo è accaduto. Ad esempio con i consumer staples”, dice McDevitt. “Il segmento ha perso il 16,5% (annualizzato) nel periodo 1998-2000, ma è stato l’unico a comportarsi bene nella seguente fase di ribasso (arrivata con lo scoppio della bolla Internet) con una crescita (annualizzata) del 19,5%”.
Vince sempre la diversificazione
Tutto questo, però, non va tradotto in una regola generale secondo la quale chi si comporta bene o male in una fase di mercato debba per forza fare l’opposto in quella seguente. “E’ difficile dire se i titoli value o growth supereranno il prossimo periodo Orso o cavalcheranno quello Toro”, dice l’analista. “Le fasi di correzione, ad esempio, non si somigliano e sono caratterizzate da elementi diversi che possono colpire determinati settori più di altri”. La crisi del 1998, per citarne una, è stata innescata dal default della Russia. Trattandosi di una tempesta finanziaria, a pagarne le spese negli Stati Uniti sono stati soprattutto i titoli presenti nel Russell 3000 Financial Index. In quell’occasione le utility sono state un porto sicuro (come lo sono state nell’ultima correzione). I ruoli dei due segmenti si sono poi ribaltati nel 2000-2003. “Esempi di comportamenti di questo tipo si trovano, per altri settori, anche nelle fasi di rally”, spiega l’analista. “E questo ci porta a una conclusione: l’alternanza di stili e settori non può essere utilizzata come sistema per cercare di entrare nel momento giusto sul mercato. Al massimo può essere letta come una tendenza. La diversificazione resta una delle armi più potenti in mano agli investitori quando devono contrastare un ribasso o vogliono sfruttare un rialzo”.
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