“Il debito emergente in valuta locale continua ad essere attraente, grazie a rendimenti elevati in termini relativi e agli interessanti valori delle divise nazionali. C’è un adeguato premio per il rischio”. A dirlo sono gli strategist di Morningstar Investment Management. Ma non sono i soli. “Nel nostro scenario base, stimiamo un ritorno annuo tra l’8 e il 12% nel medio termine”, si legge in una nota di Tcw.
Da dove deriva tutto questo ottimismo? Innanzitutto, l’economia è in miglioramento tanto che il differenziale tra la crescita delle aree sviluppate ed emergenti si sta allargando per la prima volta in cinque anni. Merito delle riforme strutturali che sono state avviate in alcuni Paesi, tra cui l’India, l’Indonesia, l’Argentina e il Brasile. In secondo luogo, i rendimenti (yield) del debito in valuta locale sono di circa 100 punti base più alti del periodo immediatamente precedente il Taper tantrum del 2013 (annuncio da parte della Federal Reserve americana di una graduale riduzione delle politiche monetarie ultra-espansive). Inoltre, circa l’80% delle emissioni è investment grade (di qualità). Infine, le valute locali sono a sconto rispetto ai massimi del 2011 verso il dollaro, quindi hanno spazi di apprezzamento.
Occhio alle mosse americane
“Certo, non mancano i rischi”, avvertono i gestori di Tcw. Tra i principali, un rafforzamento del biglietto verde, che potrebbe derivare da politiche fiscali a supporto della crescita americana o da misure protezioniste. Ma le politiche dell’amministrazione Trump si stanno rivelando molto più “leggere” di quanto promesso in campagna elettorale e potrebbero avere conseguenze più severe sui Paesi sviluppati che su quelli emergenti.
Rendimenti a confronto
Dall’inizio dell’anno, la categoria Morningstar Obbligazionari emergenti in valuta locale ha guadagnato quasi il 2% (in euro al 30 giugno), dopo aver segnato un +11,7% nel 2016. Da gennaio, dunque, ha battuto la media dei fondi specializzati sui bond in valuta forte (-1,1% in euro), mentre nell’anno precedente aveva avuto un ritorno leggermente inferiore.
Gli investitori hanno mantenuto un approccio moderatamente positivo verso questa asset class nel corso degli ultimi dodici mesi. Il periodo peggiore è stato subito dopo l’elezione a presidente degli Stati Uniti di Donald Trump, per i timori di politiche protezioniste, successivamente, però, c’è stato un ritorno verso il debito emergente in valuta locale, con un picco di ottimismo a marzo. In ogni caso, i flussi sono stati inferiori a quelli dei fondi che investono nelle emissioni in valuta forte da maggio del 2016.
L’opinione degli analisti
In Italia, sono disponibili agli investitori privati due comparti obbligazionari emergenti in valuta locale con Analyst rating positivo, entrambi Bronze. Il più grande, in termini di patrimonio gestito, è Gam Multibond local emerging bond, gestito sin dal lancio nel 2000 da Paul McNamara, insieme a Denise Prime e Caroline Gorman, entrambe con esperienza ultra-ventennale sui mercati in via di sviluppo. Nel medio e lungo periodo ha ottenuto buone performance corrette per il rischio, che gli hanno permesso di conquistare cinque stelle. Tuttavia, i costi sono considerati troppo elevati dagli analisti di Morningstar, che in un report firmato da Shannon Kirwin hanno deciso di non aumentare il giudizio, lasciando quello Bronze (6 settembre 2016).
L’altro comparto è Pictet-Emerging local currency debt, gestito da un veterano del settore, Simon Lue-Fong, in collaborazione con altri manager nelle sedi di Londra e Singapore. La strategia è improntata al controllo del rischio, per cui può avere anche un’esposizione, seppure limitata, al debito dei Paesi in via di sviluppo, che altri concorrenti, invece, escludono del tutto. Il risultato è una minor volatilità rispetto alla media. Gli analisti di Morningstar sono positivi sui processi di investimento, i team di gestione e le performance, mentre esprimono un giudizio neutrale sui costi (report di Shannon Kirwin del 12 settembre 2016).
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