Sergio Marchionne spegne gli entusiasmi del mercato ma regala valore agli investitori. Il titolo FCA ha guadagnato oltre l’8% nell’ultima ottava sulla scia dei rumor di un possibile scorporo di Alfa Romeo e Maserati, ma la smentita dell’Ad del Lingotto ha fatto scivolare le quotazioni del gruppo italo-americano attorno a quota 13,15 (-1,42% alle 12,20) riportando il rapporto Prezzo/Fair value attorno a 0,73.
Morningstar benedice la vendita della componentistica
Marchionne ha anche negato di aver ricevuto proposte di acquisto per Fiat Chrysler Automobiles da altre società, ma ha confermato la necessità di liberarsi del segmento della componentistica. “A nostro avviso la cosa più logica per il gruppo e più vantaggiosa per gli azionisti sarebbe quella di dismettere queste attività che invece potrebbero risultare più efficienti e avere maggior potenziale in termini di economie di scala se fossero nelle mani di un altro gruppo facente parte dello stesso settore”, dice Richard Hilgert analista azionario di Morningstar.
Il consensus del mercato sul titolo è cresciuto negli ultimi mesi sulla spinta dei numeri relativi alle immatricolazioni in Europa e al miglioramento dei margini di profitto ma continua a essere significativamente inferiore al fair value di Morningstar, pari a 18 euro (report aggiornato all’1 settembre 2017).
Titolo FCA: Fair value Morningstar vs Consensus del mercato
Le previsioni degli analisti
“Il gruppo italo-americano continua a pagare la diffidenza del mercato nei confronti degli obiettivi quinquennali annunciati dal management e il forte grado di indebitamento, anche se a nostro avviso Fiat Chrysler è sulla buona strada per realizzare i target stabiliti dal piano aziendale per il 2018 (margine Ebit tra il 5,5% e il 6,7% e un picco dei ricavi a quota 136 miliardi di euro). Le nostre previsioni sono comunque più conservative rispetto alle aspettative del management e indicano per i prossimi cinque anni un tasso medio di crescita del fatturato del 2,6% e un margine operativo che toccherà il suo picco massimo nel 2019 al 5,7% per poi scendere attorno al 4% nel 2021”, conclude Hilgert.
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