Nel 1888, Kodak ha rivoluzionato il mondo della fotografia lanciando la prima fotocamera che poteva essere utilizzata anche dai non professionisti. Nel 2012, la società è costretta a chiedere l’amministrazione controllata, appellandosi al Capitolo 11 del diritto fallimentare statunitense. Il più grande produttore al mondo di pellicole per macchine fotografiche e cineprese stava morendo per la concorrenza degli smartphone e delle fotocamere digitali.
La sua storia è spesso usata come esempio di azienda che non ha saputo trasformarsi con l’evoluzione del mercato e delle tecnologie (per dovere di cronaca, ricordiamo, però, che Kodak si è successivamente riposizionata e a gennaio 2017 ha annunciato di voler tornare a produrre la famosa pellicola Ektachrome).
Perché l’industria del risparmio non è più la stessa
L’industria degli investimenti sta attraversando il suo “Kodak moment”? Il rischio c’è secondo Robert Ruttmann, fondatore del think tank Redesigning financial services (Università di St. Gallen), intervenuto al Morningstar Executive forum di Lugano, lo scorso 26 ottobre. Il ricercatore ha indicato otto trend che stanno trasformando strutturalmente il settore: la crescita dei prodotti passivi, il low cost investing, i cambiamenti introdotti dalla direttiva comunitaria MIFID II, la diffusione di strumenti strategic beta (o smart beta), il consolidamento, il robo-advisory, il blockchain (tecnologia che permette la creazione di un grande database distribuito per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi di una rete) e lo sviluppo dei cosiddetti investimenti-obiettivo (come ad esempio quelli sostenibili).
Seppur in diverse fasi di sviluppo, questi trend sono già documentati nell’industria globale e l’Europa non fa eccezione.
L’avanzata dei passivi
Negli Stati Uniti, la quota di mercato delle strategie attive è scesa al 63% dal 72% di tre anni fa e, secondo le stime di Morningstar, potrebbe perdere un altro 10% nel prossimo decennio. Nonostante in Europa gli strumenti indicizzati non registrino i tassi di crescita degli Stati Uniti, stanno comunque erodendo quote di mercato a quelli attivi, come abbiamo recentemente documentato in un’analisi dal titolo “L’industria europea del risparmio è poco index”.
Più attenzione ai costi
Per quanto riguarda i costi, “gli investitori hanno assunto maggior consapevolezza della loro importanza”, ha detto Ruttmann, che ha citato uno studio di Morgan Stanley secondo cui contano più delle performance nelle decisioni di asset allocation. Dal canto suo, Morningstar ha più volte provato che questo fattore è uno degli indicatori più affidabili del futuro comportamento di un fondo.
Ridurre i costi diventa una priorità con l’entrata in vigore a gennaio 2018 della direttiva comunitaria MIFID II, che si pone l’obiettivo di rafforzare la tutela dell’investitore, mettendo al primo posto gli interessi di quest’ultimo. Tra l’altro, significa fornire un servizio di consulenza adeguato, proporre strumenti finanziari appropriati per ciascun cliente, eliminare o comunque rendere trasparenti i conflitti di interesse, esplicitare le voci di spesa, ecc.
Più Strategic beta
Anche la diffusione di Etf strategic beta trova in parte giustificazione nella ricerca di prodotti meno costosi rispetto ai fondi attivi tradizionali. Questi strumenti continuano a guadagnare quote di mercato a livello globale. Secondo l’ultima Global guide to Strategic beta Exchange traded product di Morningstar, il patrimonio è cresciuto del 28,3% rispetto a giugno 2016, sfiorando i 707 miliardi di dollari. In termini di offerta, l’incremento è stato del 18,3% a 1.320 prodotti (dati a fine giugno 2017).
La stagione dei matrimoni
Il consolidamento nell’industria degli investimenti è sotto gli occhi di tutti, basti pensare all’integrazione tra Amundi e Pioneer Investments, a quella tra Janus e Henderson o tra Standard Life e Aberdeen. Il mercato è sempre più concentrato in poche mani, ha detto Ruttmann. Inoltre, la competizione e le nuove normative generano pressioni sui margini in quanto le società sono costrette a ridurre le commissioni pagate dai clienti e allo stesso tempo devono sostenere maggiori costi.
Valori e tecnologia
L’innovazione tecnologica può venire in aiuto per ridurre i costi operativi (robo-advisory) e accrescere l’efficienza dei processi (blockchain). Ma l’industria non può non tenere conto anche di un altro tipo di trasformazione, quella della domanda di strumenti finanziari. Ruttmann li definisce “purpose-driven investments” (investimenti per obiettivi, Ndr), ma più concretamente si tratta della crescente richiesta di prodotti, non solo coerenti con i propri obiettivi finanziari, ma anche con i propri valori, quali l’attenzione all’ambiente, al sociale o al buon governo societario. Il fenomeno non va sottovalutato per le dimensioni che sta assumendo. Basti pensare che i sottoscrittori dei Principi per gli investimenti sostenibili delle Nazioni Unite (UNPRI) gestiscono un patrimonio di 62 mila miliardi di dollari (a fine 2016), pari all’87% degli asset under management globali.
Come superare il Kodak moment
Per superare il suo “Kodak moment”, l’industria degli investimenti può ispirarsi ad aziende di altri settori, che in situazioni analoghe del mercato sono state abili nel passare dall’altra parte del fossato. Per Ruttman, i temi chiave sono il forte focus sull’esperienza di clienti, una struttura commissionale flessibile, la valorizzazione dei dati (data empowerment), la revisione dei modelli di distribuzione e soprattutto un chiaro posizionamento sul mercato. Qualche esempio? Alphabet (Google) che ha l’80% del segmento dei motori di ricerca, e Amazon, che è il più grande supermercato online al mondo.
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