Il patrimonio dei fondi alternativi Ucits europei è passato da 38,7 miliardi a 390 miliardi di euro tra la fine del 2008 e del 2016. Dopo lo scoppio della crisi finanziaria, sono stati protagonisti della raccolta, con flussi netti sempre positivi, che hanno sfiorato i 290 miliardi (vedi grafico). Il trend di crescita è proseguito quest’anno e, dopo un settembre debole, ottobre ha visto sottoscrizioni nette per oltre 4 miliardi, secondo le stime di Morningstar. Il loro successo è legato alla ricerca di soluzioni non correlate con i mercati azionari e quindi in grado di produrre un rendimento positivo anche quando le Borse entrano in una fase Orso.
Tra le categorie, quelle più grandi in termini di patrimonio gestito, ci sono Multistrategy (184,9 miliardi), Long/short debt (72,4) e Market neutral – equity (39,2). Per un approfondimento su queste strategie, clicca qui.
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L’aumento dei flussi di capitali verso questi fondi non è stato solo un fenomeno europeo, ma ha interessato anche il mercato americano. “Esiste una speranza comune tra gli investitori che gli alternativi possano catturare solo i rialzi, evitando i ribassi”, commenta Russel Kinnel, direttore della ricerca sui fondi di Morningstar. “Di conseguenza, miliardi di dollari sono andati verso questi fondi negli ultimi anni, nonostante le alte commissioni”.
Purtroppo, però, non esistono pasti gratuiti sui mercati finanziari. E gli investitori l’hanno provato sulla loro pelle anche nel caso degli alternativi. Non solo hanno spesso deluso le attese in termini assoluti, ma l’investor return (rendimento ponderato per gli asset, che tiene conto dei flussi in ingesso e uscita dai fondi) è stato più basso del total return nella maggior parte dei casi, come si può vedere nella tabella qui sotto riferita al mercato americano. L'analisi, realizzata da Jason Kephart, senior analyst di Morningstar, mostra la percentuale di fondi alternativi statunitensi che hanno avuto un investor return gap di meno o più di 100 punti base nell'ultimo triennio, oltre alla percentuale di quelli che sono stati chiusi. A confronto è stata presa la categoria Usa dei fondi azionari a larga capitalizzazione.
La discrepanza tra i due tipi di rendimento si verifica perché gli investitori tendono a entrare nei fondi quando le valutazioni sono già alte e a uscire, in preda al panico, quando precipitano. “Sconsigliamo agli investitori di fare market timing sulle strategie alternative”, dice Jason Kephart, senior analyst di Morningstar, secondo il quale esse possono avere un ruolo in un portafoglio diversificato a patto che si comprenda il perché vengono acquistati e si faccia un’analisi del processo di gestione, dell’esperienza dei manager che ne sono responsabili e dei costi che gravano su di essi.
Rischio dimensionale e chiusure
La ricerca di un buon fondo alternativo, in linea con i propri obiettivi finanziari, può essere complicata da due fattori: la crescita a dismisura delle masse, che può togliere flessibilità, e la chiusura anticipata (soft closure) di buoni fondi, proprio per evitare il cosiddetto “rischio dimensionale”.
Prendiamo ad esempio il fondo Standard Life global absolute return strategies (Gars), il più grande della categoria Multistrategy, che a fine 2015 ha sfiorato i 16 miliardi di euro di patrimonio gestito (nella versione lussemburghese), per poi perdere il 20% degli asset in meno di due anni. Gli analisti di Morningstar, che gli assegnano un rating Bronze, riconoscono la validità del processo, nonostante la debolezza delle performance nell’ultimo anno e mezzo, ma ammettono di monitorare con attenzione la questione dimensionale, che potrebbe rappresentare un ostacolo alla replica dei risultati passati (report di Randal Goldsmith del 5 giugno 2017).
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