E se l’addio del Regno Unito all’Ue fosse un’opportunità per gli investitori? La domanda diventa sempre più di attualità mano a mano che l’Isola, dal punto di vista politico ed economico, si allontana dal resto del Vecchio continente. Il 2018, in questo senso, sarà un altro momento chiave visto che a ottobre dell’anno prossimo è prevista la fine dei negoziati tra Ue e Regno Unito (salvo imprevisti) e la redazione di un accordo che dovrà essere siglato dalle Camere britanniche, poi dai 27 leader dell'Unione e, infine, dal Parlamento europeo.
La situazione, vista dai mercati, è complicata anche dal fatto che la Bank of England ha deciso recentemente di alzare i tassi di interesse per la prima volta negli ultimi 10 anni e nel 2018 potrebbe continuare con nuove strette monetarie. In questa situazione è lecito domandarsi se gli investitori che pensano al mercato UK si trovino di fronte a una buona opportunità da contrarian o debbano scappare.
Speculazione e volatilità amiche dei contrarian
“Dobbiamo partire dal presupposto che speculazione e volatilità sono amiche degli investitori che puntano sulle valutazioni”, spiega Leslie Alba, investment analyst EMEA di Morningstar investment management (MIM). “Senza di loro le opportunità contrarian non esisterebbero. Ma sappiamo anche che speculazione e volatilità innescano meccanismi comportamentali che portano ad agire nella maniera sbagliata nonostante le migliori intenzioni. Per questo un investitore razionale dovrebbe imparare a vedere i rischi come delle opportunità”.
Come si misura la paura nel caso di Brexit? Un sistema è quello di calcolare i flussi in entrata e in uscita da asset made in UK. La tabella sotto mostra come gli investori, a livello globale, ne stiano uscendo.
I flussi si stanno muovendo da UK verso altre regioni
“Il mercato ha paura e questo offre la possibilità a un investitore di andare controcorrente”, dice Alba.
Ma ci sono anche altri parametri da tenere in considerazione. Ad esempio gli indici. Quando si parla di Borsa inglese di solito si intende la combinazione dei panieri FTSE 100 e FTSE 250. Il primo raccoglie le prime 100 società per capitalizzazione. Si tratta di multinazionali che realizzano il 70% dei loro guadagni all’estero. Il secondo raggruppa le seconde 250 big company. Si tratta per la maggior parte di aziende orientate al mercato domestico dove realizzano il 60% delle loro revenue. “Sarebbe meglio considerare i due indici speratamente, visto che ognuno ha driver diversi”, dice Alba. I grafici sotto, ad esempio, indicano come gli utili per azione dei due benchmark siano differenti.
Utili per azione Ftse 100 e Ftse 250
“Abbiamo analizzato a fondo i fondamentali delle grandi multinazionali (quelle che hanno avuto gli utili per azione più deboli) e abbiamo visto che gli earning erano già deboli prima di Brexit. A influire sono stati elementi come l’andamento dei prezzi delle commodity o i problemi delle banche”, dice Alba. “E questi elementi, più che Brexit, devono essere presi in considerazione guardando al futuro. Se le materie prime si riprendono lo stesso faranno gli utili delle società del settore presenti sul FTSE 100. In caso contrario, caleranno”.
I pericoli di Brexit
L’addio di un paese all’Unione è un fattore senza precedenti e diventa difficile capire quanto questo elemento sia già incorporato nel prezzo degli asset. L’andamento dei flussi indica che gli investitori preferiscono essere cauti, influenzati forse anche dalle notizie sul fronte politico che escono con una certa regolarità. Ma quale sarebbe la situazione se si concentrassero su elementi meno vaghi? “Potrebbero ragionare sulla misura in cui Brexit inciderà sui profitti realizzati in patria. Oppure se ci saranno degli effetti sui dividendi”, dice Alba. “E’ un modo diverso di analizzare il tema e può aiutare a comprendere se le attuali quotazioni offrono dei margini di sicurezza”.
Conclusioni
“La prima cosa da capire è che l’economia UK non è la sua Borsa”, dice l’analista. “Circa il 70% dei guadagni della grandi aziende del paese arriva dall’estero e, nel complesso, i fondamentali di queste società sono buoni”. Gli utili per azione delle società del FTSE 100, dopo aver perso il 20% nei cinque anni precedenti, nel 2017 hanno iniziato a riprendersi. “E quando sono scesi lo hanno fatto per motivi in cui la Brexit non c’entrava nulla”, dice Alba.
L’altro punto da considerare sono le valutazioni. “Dove qualcuno vede minacce, gli investitori più saggi dovrebbero scorgere delle opportunità”, dice l’analista di MIM. “Nel caso di Brexit, questo significa pensare a quali margini di sicurezza offrono i prezzi degli asset UK. Il sentiment nei confronti delle multinazionali del paese è negativo e questo sta influenzando le quotazioni delle loro azioni. Per questo noi siamo sempre più convinti che siano un investimento interessante”.
Per quanto riguarda i fondi specializzati sulle grandi aziende UK, chi cerca strumenti con Analyst rating deve muoversi nella categoria dei Large cap blend dove ce ne sono tre: BGF United Kingdom C2 (Bronze, clicca qui per leggere l’analisi completa), Threadneedle (Lux) UK Equities AG (Bronze, qui il report) e Threadneedle UK Retail Income GBP (Silver, qui lo studio).
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