Separare la politica dai mercati. E’ l’unico modo, secondo i portfolio manager di Morningstar Investment Management (MIM) per cercare di arrivare a una ragionevole previsione su quello che potrà essere il 2018 dell’equity americano. Soprattutto dopo un anno come il 2017, in cui l’azionario a stelle e strisce è cresciuto segnando 53 rialzi record (eguagliando la serie messa a segno nel 2014).
La variabile Donald
A mischiare le carte sul tavolo, in questo caso, c’è la variabile Donald Trump. “E’ un presidente che ha fatto crescere i timori di un’interferenza della politica nei rendimenti delle Borse, non solo americane”, spiegano Clemence Dachicourt e Mike Coop, rispettivamente Portfolio manager EMEA e Head of multi-asset portfolio management EMEA di MIM. “Basti pensare agli effetti che possono avere le tensioni fra Trump e la Corea del Nord sui titoli giapponesi o della Corea del sud”.
Il rischio in questi casi, però, è quello di lasciarsi trascinare dal pessimismo. Molti rispettati economisti e analisti avevano previsto che con l’elezione del discusso candidato repubblicano Wall Street avrebbe perso il 10%. Il realtà, dall’inizio del suo mandato ha guadagnato il 25%. “Leggere l’andamento dei mercati anche in relazione agli eventi politici è un esercizio che un investitore razionale dovrebbe evitare di fare”, spiegano i due manager. “Dovrebbe invece ragionare sui fondamentali delle società”. Questo, in ogni caso, non significa ignorare completamente la portata di fattori come una riforma fiscale o sanzioni commerciali.
Fondamentali e valutazioni
Messi questi paletti, l’obiettivo è quello di determinare due variabili chiave. Prima: qual è la situazione dei fondamentali dell’azionario Usa? Seconda: le valutazioni sono interessanti? “Per quanto riguarda il primo elemento, abbiamo visto che, dai tempi della crisi finanziaria, gli utili e i dividendi sono aumentati”, spiegano i due gestori. “Questo spesso indica una crescita futura di lungo termine, anche se bisogna essere cauti nel considerare questo elemento una regola generale”.
A guidare la crescita sono stati i margini di profitto che si sono mossi attorno all’8,5-9,5% per buona parte del decennio. “E’ difficile che tengano questo passo, anche perché sono decisamente più alti rispetto alla media storica che è del 7,5%”, spiegano i due manager. “Tra l’altro è ormai chiaro che la crescita dei prezzi ha superato ogni ragionevole previsione”. Alcuni sistemi di misura, come il CAPE (Ciclically adjusted price/earnings ratio) mostra che le quotazioni sono a livelli che ricordano quelli della bolla Internet del 2000.
Le valutazioni sono tirate dice il CAPE
“In questa situazione il consiglio è quello di non considerare nè la fase positiva attuale, nè le notizie che riguardano Trump. Nemmeno quelle che parlano di un possibile impeachment. Piuttosto, è meglio concentrasi sui rapporti fra rischio e rendimento. In questo modo ci si rende conto che, probabilmente, le migliori opportunità si trovano al di fuori degli Stati Uniti”.
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