E se i tassi di interesse in Europa iniziassero a salire? Un’eventualità che non è nell’agenda immediata delle Banche centrali della regione (fa eccezione la Bank of England che a novembre ha dato la prima stretta in 10 anni) ma che, nel medio periodo, non può essere esclusa e che potrebbe avere implicazioni sulle valutazioni dei titoli degli istituti di credito. Senza contare che nell’equazione che porta all’aumento del costo costo del denaro, le decisioni degli istituti di politica monetaria sono solo una delle variabili da tenere in considerazione. Sul tavolo, infatti ci sono anche altri aspetti da guardare.
“Quando si parla di istituzioni finanziarie, in particolare di banche, bisogna tenere conto che i tassi di interesse influenzano pesantemente i prezzi di mercato dei loro prodotti”, spiega uno studio firmato da Stephen Ellis, equity strategist di Morningstar. “In Europa, i tassi di interesse sono in calo da molti anni e sono diventati negativi, sollevando una serie di domande su come le banche e i mercati avrebbero dovuto affrontare questo evento raro. L’ambiente finanziario negli ultimi dieci anni è stato uno dei più difficili della storia recente, data la maggiore dipendenza del Vecchio continente dalle banche come fonte di capitale di investimento, ma è stato anche uno dei periodi economici più difficili per molti dei paesi europei”.
Cosa dice il modello
Un’indicazione riguardo a un prossimo rialzo dei tassi di interesse arriva dallo European Interest Rate Model Forecasts di Morningstar, un sistema di analisi proprietario che tiene in considerazione quattro elementi: l’inflazione attesa nel breve termine, i tassi di interesse reali di breve periodo, il term premium (praticamente la differenza di rendimento a scadenza fra i bond a lungo termine e quelli a breve) e lo spread dei credit default swap rispetto ai Treasury. “Le nostre analisi dimostrano che questi quattro elementi sono i più importanti per analizzare le performance passate e future dei tassi di interesse”, spiega Stephen Ellis, analista di Morningstar. “Applicando il modello ai diversi paesi europei abbiamo visto che nei prossimi 10 anni dobbiamo aspettarci un aumento dei tassi di interesse”.
Ma a puntare verso un aumento del costo del denaro si aggiunge un altro elemento: i dati demografici che sembrano essere una delle cause principali del declino dei tassi di interesse globali, in particolare in Europa. I fattori da tenere in considerazione sono l’aspettativa di vita, la crescita o decrescita della popolazione e le riforme dei sistemi pensionistici. “Prevediamo che queste tendenze continueranno e quindi penalizzeranno i tassi di interesse”, dice il report. “Tuttavia, alcuni cambiamenti come l’aumento dell’età pensionabile, i piani di previdenza complementare migliorati, tassi di natalità più elevati e una maggiore immigrazione, porteranno a una parziale ripresa dei tassi di interesse a medio termine”, dice Ellis.
Aspettative di vita nei maggiori paesi europei
“Riteniamo che paesi come la Danimarca siano posizionati meglio grazie al loro basso tasso di disoccupazione, mentre stati come l'Italia e il Belgio hanno le prospettive più deboli”, continua l’analista. “L'Italia affronta sfide come la bassa fertilità, l’alta disoccupazione e un’economia debole, mentre il Belgio lotta con i problemi delle pensioni e del lavoro”.
Sembra esserci tuttavia un elemento che, recentemente, ha contribuito a compensare il calo della popolazione: l’immigrazione. “In Germania la politica dei rifugiati del cancelliere tedesco, Angela Merkel, è stata controversa ma ha portato a una crescita demografica necessaria”, dice l’analista. “Al contrario, l'Italia, economicamente più debole, ha avuto maggiori difficoltà. È anche interessante notare che gli arrivi nel Regno Unito, negli ultimi dieci anni, rispetto agli altri grandi paesi, non sono stati così elevati, eppure questo è stato un fattore importante alla base di Brexit. La migrazione in Francia è stata minima, ciononostante il paese ha avuto problemi con i terroristi. La Spagna, dopo la crisi finanziaria, ha visto molti dei precedenti grandi flussi migratori cessare mentre la sua economia rallentava”.
Flussi migratori nei maggiori paesi europei
La Bce, intanto...
L’altro elemento da considerare quando si parla di tassi è la Bce che, con il suo Quantitative easing (arrivando anche a tassi di interesse negativi), dice Ellis, ha fatto bene alle economie del Vecchio continente. “Se guardiamo l’andamento del Pil, le esportazioni, l’attività manifatturiera e gli indici di mercato, notiamo che hanno avuto tutti dei miglioramenti da quanto il QE è stato introdotto”, spiega l’analista. Resta da capire se il cambio di politica intrapreso dall’Eurotower (da quest’anno, ad esempio, gli acquisti di asset da parte della Bce passeranno da 60 miliardi di euro al mese a 30 miliardi fino alle fine del 2018 o anche oltre, se necessario) possa danneggiare o continuare a favorire le banche. “Gli istituti di credito hanno tratto vantaggio dalle mosse della Banca centrale”, dice l’analista. “La qualità dei crediti è migliorata e i bassi tassi di interesse hanno costretto a lavori di riorganizzazione e razionalizzazione. Le nuove regole sul capitale, inoltre, hanno obbligato ad aumentare e migliorare le riserve”. La nuova strategia della Bce dovrebbe dare un ulteriore aiuto al settore bancario. “Il processo di uscita dal QE sarà graduale per evitare shock alle economie e ai mercati finanziari”, dice l’analista. “In una situazione di abbandono ordinato delle politiche di aiuto potremmo vedere un aumento dei risparmi da parte delle famiglie. In questo quadro le banche, grazie anche alle opere di razionalizzazione che hanno portato avanti, potranno esprimere appieno il loro potenziale”.
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