Costoso. E’ così che si può definire il mercato obbligazionario che il 2017 ci ha lasciato in eredità. E la situazione potrebbe non cambiare molto nell’anno appena cominciato. “Con i tassi di interesse e i rendimenti (yield) ai minimi storici, non dobbiamo stupirci se il reddito fisso continuerà ad essere caro in termini assoluti”, dice Dan Kemp, responsabile degli investimenti di Morningstar investment management (MIM).
La sfida per gli investitori in obbligazioni è importante. “La storia ci insegna che bassi yield iniziali hanno un ruolo cruciale nel definire le aspettative di rendimenti futuri”, dice Kemp. Dove si possono, dunque, trovare le migliori opportunità?
Emergenti favoriti
Secondo i modelli di valutazione utilizzati da MIM, le aspettative di ritorni reali (ossia depurati dall’effetto inflazione) sono più elevate nelle aree emergenti rispetto a quelle sviluppate. In queste ultime, le previsioni per il 2018 sono ancora caratterizzate da yield negativi. Il grafico qui sotto mostra le attese di rendimento reale a dieci anni e la loro evoluzione nel tempo.
Meglio il debito in valuta locale
Il grado di convinzione degli strategist di MIM è maggiore sul debito emergente in valuta locale, piuttosto che in divisa forte (prevalentemente dollaro). Nel corso del 2017, spiegano, gli spread (ossia i differenziali rispetto ai titoli sicuri) sono continuati a scendere, a significare che gli investitori erano disposti ad accettare yield più bassi per puntare su queste aree. I timori legati alle possibili politiche protezioniste del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non hanno generato la fuga dalle regioni in via di sviluppo, che molti avevano prospettato, di conseguenza queste ultime hanno continuato ad attrarre capitali.
Proprio a causa delle alte valutazioni, il debito emergente è meno attraente di qualche anno fa, ma lo è sempre di più dei titoli europei o statunitensi, soprattutto quello in valuta locale. Anche se, si legge nello studio di MIM, è bene essere selettivi.
Verso un ritorno alla normalità
In una ideale scala che vada da un grado alto a uno minimo di “convinzione”, i titoli di Stato europei, giapponesi e inglesi si trovano nel gradino più basso, perché sono molto costosi e spesso con cedole negative. I Treasury americani hanno valutazioni un po’ migliori, ma rimangono anch’essi cari. In questo contesto, gli investitori sono obbligati ad accettare yield estremamente bassi e scadenze più lunghe, il che potrebbe rivelarsi rischioso se i tassi di interesse tornerassero a salire. L’ipotesi è tutt’altro che remota, considerate le recenti dichiarazioni della Federal Reserve su un ritorno alla normalità dopo le politiche monetarie ultra-espansive che hanno dato slancio ai mercati negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2007. E la Banca centrale europea, che ha già iniziato a ridurre l’acquisto di corporate bond, dovrebbe seguire a ruota, quando riterrà che i tempi saranno maturi.
Occhio a corporate e high yield
Sul mercato del credito, le emissioni societarie di miglior qualità (investment grade) appaiono costose su entrambe le sponde dell’Oceano. “Le attuali basse cedole non forniscono un’adeguata ricompensa per il rischio di perdita di capitale che si potrebbe correre per effetto della normalizzazione dei tassi di interesse, delle aspettative di inflazione e del ciclo dei default”, si legge nella nota di MIM.
Lo scenario è simile per le obbligazioni di minor qualità (high yield), un segmento che è diventato meno attraente a causa della leggera risalita dei rendimenti dei titoli di Stato dovuta all’aggiustamento delle aspettative di inflazione degli investitori. Queste ultime, tuttavia, rimangono ben sotto i livelli storici, ragion per cui anche i titoli inflation-linked non mostrano un grande vantaggio rispetto a quelli che non sono agganciati al costo della vita.
Un portafoglio diversificato
Nonostante il mercato obbligazionario sia caro nel suo complesso, sarebbe un errore escluderlo dal proprio portafoglio, perché si perderebbe in diversificazione rispetto ad altre attività finanziarie, a partire dalle azioni, che, per altro, appaiono anch’esse poco attraenti in termini valutativi in questo momento.
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