Il petrolio si rafforza e con lui, dicono gli analisti di Morningstar, la qualità del credito degli emittenti del settore petrolifero. “Da agosto il prezzo della materia prima è passato da 50 a 57 dollari al barile circa”, spiega un report firmato da Andrew J. O’Conor, Credit analyst specializzato sul settore energy di Morningstar, in un report del 13 dicembre 2017. “I tagli decisi dall’Opec e dalla Russia stanno riducendo l’offerta globale e diminuendo le scorte, dando una mano al rafforzamento dei fondamentali del settore. Questo trend ha contribuito a un restringimento degli spread delle obbligazioni. Un altro aiuto è arrivato dai minori costi per ricerca ed estrazione”.
Le previsioni
L’insieme di questi elementi dovrebbe dare una ulteriore spinta ai prezzi del petrolio nei prossimi 12-18 mesi a cui nel tempo si aggiungerà un aumento della domanda. Non vengono comunque escluse fasi di volatilità. Secondo i calcoli di Morningstar, la richiesta di oil nel 2017 è salita dell’1,6%, mentre le stime parlano di un +1,3% nel 2018, leggermente al di sopra della media registrata negli ultimi 10 anni.
“Per il 2018 prevediamo un prezzo del barile in una forchetta fra i 55 e i 60 dollari. In una situazione del genere la qualità del credito delle società che lavorano nel comparto energy migliorerà gradualmente”, dice l’analista.
Da quando, a febbraio 2016, il prezzo del petrolio ha toccato il minimo degli ultimi anni, il comparto energy ha ristretto lo spread da 232 basis point a 127 bp. Nello stesso periodo il Morningstar Corporate Bond Index è passato da +114 bp a +102 bp. “Siccome il settore energy pesa per circa il 10% del paniere, stimiamo che intorno al 12% del restringimento sia dipeso da società legate al petrolio”, spiega O’Conor.
Morningstar Corporate Bond Index VS Settore energy
Emittenti ed emissioni
In uno scenario in miglioramento ma che prevede comunque momenti di volatilità, ExxonMobil (Rating AA+. Outlook: stabile) mantiene una politica di investimenti disciplinata, tesa a portare avanti solo i progetti migliori. Fra questi ci sono la prima fase dello sviluppo del sito estrattivo offshore di Liza (in Guyana, uno dei giacimenti più grandi scoperti negli ultimi 10 anni), il completamento dell’acquisizione di una società di raffinazione a Singapore (che rafforzerà la posizione della società nella regione) e l’apertuta di una serie di stazioni di servizio nel Messico centrale. L’emissione consigliata è quella con scadenza 6 marzo 2025 che offre una cedola del 2,71% (analisi del 13 dicembre 2017).
L’obbiettivo di Chevron (AA-. Stabile) resta quello di aumentare i flussi di cassa attraverso la riduzione dei costi, con la vendita degli asset considerati poco core e con l’aumento della produzione. Il sito Gorgon LNG in Australia è partito a ottobre, mentre la produzione nel bacino di Permian a Singaopre sta superando le attese. Secondo le stime del gruppo circa tre quarti del budget 2018 sarà utilizzato per progetti che realizzeranno flussi di cassa nel giro di due anni. L’emissione consigliata dall’analista è quella con scadenza 17 novembre 2025 che presenta una cedola del 3,33% (analisi del 13 dicembre 2017).
Puntando sulla sostenibilità dei recenti aumenti del prezzo del petrolio e sulla futura crescita dei flussi di cassa sia Royal Dutch Shell (A. Stabile) che Statoil (BBB+. Stabile) hanno anunciato la fine del prgramma che dava la possibilità agli azionisti di ricevere i dividendi sotto forma di azioni a sconto (i cosiddetti scrip, una forma di titolo di debito) per tornare alle cedole classiche. Entrambe le società avevano utilizzato questa formula nel 2015 per dare comunque un po’ di valore agli azionisti nonostante i prezzi eccezionalmente bassi del petrolio. Nel caso di Royal Dutch Shell, la carta consigliata è quella con scadenza 11 maggio 2025 che offre una cedola del 3,25%. Per Statoil l’emissione è quella con maturità 10 novembre 2024 e cedola del 3,25% (analisi del 13 dicembre 2017).
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