Monetari, reddito fisso, garantiti e protetti, convertibili, alternativi, flessibili, equity. E’ questa la classifica dei costi, dalla meno costosa alla più salata, delle categeorie in cui sono suddivisi i fondi di diritto italiano guardate attraverso le lenti delle spese correnti (ongoing charge) presenti nei Kiid raccolti da Morningstar. Nelle prossime settimane ci occuperemo dei fondi domiciliati all’estero venduti nella Penisola (sempre per categorie) e dei singoli fondi più e meno cari all’interno di ogni insieme, anche in relazione alle performance.
L’indicatore di costo, introdotto con la normativa Ucits IV ha sostituito il Ter (Total expense ratio) nelle documentazioni ufficiali sui fondi: calcola la percentuale di costo sul patrimonio medio del fondo e include, oltre alle commissioni di gestione, anche le spese di revisione, di pubblicazione del valore della quota, il compenso per la banca depositaria, le spese legali e giudiziarie e il contributo di vigilanza. Sono escluse le fee di intermediazione che i gestori sostengono per le transazioni sui titoli, gli oneri di ingresso e uscita a carico del risparmiatore, quelli fiscali e le eventuali performance fee. Le spese correnti (in inglese Ongoing charges) sono reperibili nel documento informativo chiave per gli investitori e sul sito morningstar.it.
L’elemento del costo è uno dei primi che un investitore deve prendere in considerazione quando pensa all’allocazione dei suoi soldi. Diversi studi di Morningstar, ad esempio, hanno dimostrato l’importanza di questa voce nel determinare la capacità di un fondo di produrre performance superiori a lungo. C’è poi la questione Mifid II, la normativa europea che amplia quella precedente per portare a una maggiore tutela degli investitori e di cui uno dei pilastri fondamentali è proprio la trasparenza riguardo alle spese.
Il recente passato
Ma qual è la situazione per i fondi di diritto italiano? La risposta per il recente passato arriva da un Discussion paper della Consob datato gennaio 2018 che prende in considerazione i costi dei fondi di diritto italiano nel periodo che va dal 2012 al 2016 e che ha mostrato come una quota molto elevata dei costi vada a remunerare l’attività distributiva. In particolare, circa il 70% delle commissioni riconosciute alle società di gestione del risparmio è assorbito dai costi di distribuzione. “È verosimile che la nuova disciplina introdotta dalla Mifid II, che reca disposizioni più restrittive in materia di incentivi, possa determinare una revisione degli attuali modelli distributivi e commissionali”, spiegano Gaetano Finiguerra, Giovanna Frati e Renato Grasso dell’Ufficio studio dell’Authority. Lo studio analizza in dettaglio i costi dei fondi, distinguendo fra i costi di gestione (ossia i costi che gravano sul patrimonio del fondo, quali le commissioni di gestione e di performance) e i costi di ingresso e uscita, che invece gravano sul sottoscrittore. L’incidenza dei costi di gestione sul patrimonio dei fondi è rimasta complessivamente stabile attorno all’1,4%, ma il peso sugli utili prodotti dai fondi è cresciuto notevolmente, passando dal 16 al 51%. Nel 2016, per alcune categorie di fondi, i costi di gestione sono risultati superiori all’utile e il rendimento dei fondi è stato quindi negativo (in particolare per i fondi alternativi e per quelli monetari, sebbene questi ultimi rappresentino ormai una categoria residuale). I costi di ingresso sono cresciuti notevolmente, passando dallo 0,7% all’1,5%, mentre i costi di uscita si sono progressivamente ridotti fino a divenire del tutto residuali (0,05%).
L’utima foto
Dall’analisi dei Kiid risulta che i fondi monetari hanno spese correnti (medie) dello 0,3%. Quelli riservati al reddito fisso hanno ongoing charge medie appena superiori all’1%. Ma la forchetta dei costi è molto ampia a livello di singoli segmenti Morningstar dedicati all’universo dei bond: si va dallo 0,5% di quelli che operano su US diversificati a breve termine (carta in dollari con scadenza massima a tre anni) all’1,7% dell’universo dedicato agli strumenti che investono nel debito emergente emesso in euro.
Dati in euro aggiornati al 15 marzo 2018
Fonte: Morningstar Direct
Per quanto riguarda garantiti e protetti, i primi hanno ongoing charge dello 0,3%, mentre i secondi dell’1,3%. I convertibili dell’1,2%.
Nell’universo degli alternativi, i costi vanno dallo 0,7% di quelli che fanno arbitraggi sul debito al 3,7% dei fondi di fondi equity.
Dati in euro aggiornati al 15 marzo 2018
Fonte: Morningstar Direct
Tra gli strumenti dell’universo allocation i costi vanno dall’1,3% di quelli prudenti al 3,1% dei globali mercati emergenti.
Dati in euro aggiornati al 15 marzo 2018
Fonte: Morningstar Direct
Nell’insieme dei fondi che investono esclusivamente sulle azioni, i più a buon mercato sono i portafogli large cap value sull’America (1,37%). I costi maggiori si trovano invece fra la large cap value europee (2,7%).
Dati in euro aggiornati al 15 marzo 2018
Fonte: Morningstar Direct
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Visita il mini-sito Morningstar dedicato a MIFID II.
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